Signora Lee, che magnifica staccionata!
La trilogia del limite
Suzy Lee
Corraini, 2012
Ero pronta, prontissima a studiare: a sottolineare i passaggi illuminanti, a scrivermi appunti, a trasformare gli esempi in esercizi.
E invece… e invece mi sono lasciata distrarre dai riflessi, bagnare dagli spruzzi, confondere dalle ombre.
Signora Lee, lei, dalla sua lontana Singapore, come ha fatto a trasformare un saggio sul suo lavoro in una così lieve conversazione intima, invasiva ma mai invadente proprio come le pagine dei suoi libri illustrati? Avrei potuto prenderne uno solo, “Mirror”, “L’onda”, “Ombra”, e far capire che avevo capito ma, proprio come “La trilogia del limite” (Edizioni Corraini) non si pone con i toni di una parafrasi saccente (anche se avrebbe tutto il diritto di esserlo, visto che è l’autrice stessa a parlare), sarebbe stato molto pretenzioso e noioso se lo avessi fatto io. E allora vi parlo proprio di lui, un meta-libro che contiene i 3 capisaldi di questa splendida autrice senza la pretesa di insegnare, ma più con l’intento di percorrere con lei gli snodi concettuali che l’hanno portata a proseguire nella ricerca di soluzioni. Perché il creativo è appunto questo, come lei stessa conferma: uno che trova soluzioni e che si pone nuovi problemi per cercare ancora una volta nuove soluzioni.
Il titolo contiene una parola pesante, “limite”, una parola che un po’ spaventa o che spesso si porta dietro un profondo senso di frustrazione e inadeguatezza. L’autrice racconta che quei libri non nascono con l’idea di farne una trilogia, ma questo tema diventa in modo naturale il nodo da sciogliere, ogni volta. Ed ecco già un primo regalo: nei libri che Suzy Lee ha scritto e illustrato, e che qui racconta ed esplora in ordine di creazione e di uscita, “limite” ha sempre un fresco sapore di conquista. Sì, c’è anche la paura, a volte c’è persino la malinconia, ma ogni volta quel limite è più “il limitare” così come lo useremmo per indicare la soglia della porta spalancata verso nuove e inesplorate possibilità.
Si parte da una domanda pratica e si conclude con la risposta, smontando e rimontando tutti i pezzi per farci capire cosa vuol dire usare il disegno come modo di pensare e non solo di rappresentare. Si parte da un fatto: quella piega della rilegatura che si mangia una parte di disegno ne “L’onda” è un errore di stampa? Perché nasce questa domanda? Cosa c’è dietro al nostro modo di percepire l’oggetto libro svincolato da quello che racconta invece che come un tutt’uno col messaggio che porta?
Non c’è fretta di rispondere. Prima bisogna lasciarsi distrarre dai riflessi, bagnare dagli spruzzi, confondere dalle ombre.
Signora Lee, non mi paragono eh, mai oserei… ma io e lei una cosa in comune ce l’abbiamo: questa fascinazione lucida per i libri illustrati proprio in quanto libri. Partita dalla pittura, Suzy Lee approda al mondo degli albi consapevole che, come in ogni operazione di comunicazione, il libro è un medium ben preciso, fatto di codici, di linguaggi e meritevole di contenuti appositamente progettati per lui.
Qui non c’è nessun generale che ci vieta di attraversare la rilegatura, qui l’autrice ci invita ad attraversare i suoi libri più e più volte, avanti e indietro. Le pagine finali, in particolare, confermano che questa specie di diario non è fatto tanto per indurvi ad analizzare con più mestiere i libri della Lee (che chissà da quanto tempo hanno trovato posto sui vostri scaffali), bensì per aiutarvi a costruire la vostra staccionata.
“Si dice che lavorare a progetti è come piantare pali di una staccionata nel terreno: si pianta un palo e poi un altro a una certa distanza, e dopo un po’ si trova una direzione” (p.166).
Che facciate libri, quadri, canzoni,… assicuratevi di avere buoni strumenti e occhio vigile. Avete una staccionata da costruire e, se non si conosce quel che si sta proteggendo, è anche difficile poi invitare qualcuno ad entrarci per condividerlo.
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