Recensione – “Rosa Bianca” : raccontare il nazismo
Spesso ci si chiede quale sia il modo più adatto per affrontare con i più piccoli temi complessi e delicati come quello del nazismo. “Rosa Bianca” – ideato scritto e illustrato da Roberto Innocenti – prova a farlo adottando proprio la prospettiva di una bambina.
L’autore, che ai tempi della guerra era anch’egli soltanto un bambino, ci dona una protagonista singolare. Rosa Bianca è una bambina curiosa e coraggiosa – per certi aspetti anche un po’ ribelle – che non ha paura di attraversare il bosco per sapere di più di quello che succede intorno a lei. Il suo nome, che fa da titolo all’albo, richiama alla memoria un gruppo di studenti che si era opposto al regime nazista con azioni non violente e i cui membri furono tutti uccisi. Inoltre le rose bianche sono da sempre considerate un simbolo di purezza e innocenza.
Iniziando la lettura scopriamo subito che il racconto è ambientato in una piccola città della Germania. Sono gli anni 44-45 del secolo scorso e i ragazzi si preparano a lasciare le proprie famiglie per combattere al fronte. Fin da adesso ci accorgiamo di come tutto possa risultare ambiguo, si suona la marcia e ci sono le bandiere che sventolano: “sembrava una festa”.
Con il passare dei giorni, però, la presenza dei militari e dei carri armati diventa una costante ed anche dalle finestre della scuola di Rosa Bianca si possono vedere i camion passare.
Come ci dice l’autore,
“In questo libro il fascismo è una realtà vissuta giornalmente. Solo le vittime e la ragazzina hanno conosciuto il suo vero volto”
Infatti, mentre gli adulti non vedono (o scelgono di non vedere), Rosa Bianca capisce che sta accadendo qualcosa di strano.
Un giorno, in particolare, si accorge di un bambino che cercava di scappare da una camionetta viene subito fermato dal Borgomastro (non a caso raffigurato con gli stessi baffi di Hitler). Decide, così, di seguire i camion attraverso il bosco, fino a giungere alla scoperta di un campo di concentramento.
Da quel momento in poi si reca più volte in quel luogo per portare anche solo un po’ di pane ai bambini prigionieri al di là del filo spinato. Ma la storia, come sappiamo, fa il suo corso: la Germania inizia a trovare degli ostacoli nella sua folle avanzata e le truppe sovietiche arrivano in città.
Il libro si chiude, sebbene in un finale non esattamente positivo, lasciando una sensazione di speranza. La tavola finale, che trovo bellissima e avvolgente nel suo mostrare una natura di nuovo rigogliosa e verdeggiante, merita un’attenzione particolare. Infatti, possiamo notare come questa sia l’unica illustrazione realizzata con dei colori chiari e luminosi, che lasciano intuire come tutto si rigeneri nonostante gli orrori vissuti. Di essi rimangono tracce incancellabili.
Anche sul filo spinato possono crescere i fiori. Un messaggio che rincuora e che, insieme alla scelta di affrontare la storia con uno schema che (sotto alcuni punti) ricorda quello delle fiabe, costituisce sicuramente uno degli aspetti più belli e interessanti del volume.
Una curiosità riguarda le copertine, di cui attualmente si possono rintracciare due versioni a seconda dell’edizione. Infatti le prime pubblicazioni, già a partire da quella del 1990 edita da “C’era una volta…”, ci offrivano un’illustrazione aggiunta. Innocenti aveva realizzato una tavola, non contenuta all’interno dell’albo, in cui troviamo Rosa Bianca che osserva da una finestra i soldati sui camion, a noi visibili attraverso un magistrale gioco di riflessi. In edizioni successive è stata invece riportata in copertina una delle illustrazioni interne.
In conclusione possiamo dire che “Rosa Bianca” è un libro adatto a tutti, indipendentemente dalla fascia d’età di appartenenza. La mia opinione è che sarebbe davvero bello riuscire a portarlo sui banchi di scuola, per capire ricordare e provare a trovare insieme delle risposte.