Shaun Tan – Piccole storie di periferia, la sostenibile leggerezza del finto caos
Girellando, come faccio spesso, fra gli scaffali della mia biblioteca di quartiere, mi sono imbattuta in un piccolo, delizioso libro di un artista che conoscevo di fama: Shaun Tan, bravissimo illustratore australiano di origine malese.
Avevo già avuto modo di ammirare il suo modo di lavorare, in particolare ne “L’approdo“, l’onirico viaggio di un emigrante in bilico fra realtà e fantasia. Nato come testo illustrato, era stato sfrondato dalle parole e arricchito di fotogrammi dal sapore cinematografico… una graphic novel emozionante, capace di parlare un linguaggio universale.
Ma il libro che mi sono ritrovata fra le mani era molto diverso. Immagini stilisticamente sconnesse fra loro facevano da cornice a racconti magicamente evocativi: “Piccole storie di periferia“.
Sono davvero piccole storie, a prima vista, che sembrano uscire da una quotidianità quasi banale, ambientate in un luogo che potrebbe essere la periferia di un qualsiasi posto nel mondo.
Invece scopri che non sono affatto banali, né normali, anzi potrebbero sembrare assurde e irreali se la bravura dell’autore non riuscisse, con uno stile leggero e dosato, ad accompagnarti, quasi in punta di piedi, in un mondo immaginario che sembra plausibile. E che diventa reale nel momento in cui riesci a sintonizzarti sulle emozioni e sulle suggestioni evocate da ciò che stai leggendo.
Per cui diventano credibili, in questo scenario, un bufalo che dà indicazioni, il dugongo nel giardino, l’ospite alto appena pochi centimetri che lascia dietro di sé un’onda benefica di gratitudine.
Personaggi poetici, che ti invitano in un mondo sospeso. Complici le illustrazioni, altrettanto suggestive e spesso surreali.
Sembra quasi che l’artista si sia divertito a confondere le acque, ad usare diversi stili, a cambiare continuamente e rimani per un attimo spiazzato, come quando ci si ritrova fra le mani un vecchio album pieno di schizzi fatti in tempi diversi. Ma il caos è solo apparente.
Le scritte appiccicate, il bianco e nero che si alternano al colore, i disegnini da quadernino degli appunti, i ritagli di giornale, gli scorci cittadini… Tutto serve a farti entrare nel mondo d’incanto che Shaun Tan crea, sotto i nostri occhi e che, magicamente, non sembra nemmeno più così sconnesso.
Nelle immagini de “L’approdo” la figura umana era non solo presente ma fondamentale.
Qui invece è un’ombra appena accennata. Le illustrazioni ci parlano di altro, quasi come se tu stesso, che leggi, possa sentirti invece protagonista della storia.
Sei tu la figura umana che non si vede.
Leggetelo. Entrateci dentro. Vi sorprenderà.