
ME L’HA DETTO LA LIBRAIA, quando mi è venuto un tuffo al cuore
“Me l’ha detto la libraia” è la mia nuova rubrica su AdUnTratto ed è una rubrica a due voci, la mia e quella di Marta Bracciale (fondatrice della libreria Limerick di Padova), impegnate in un breve ma intenso scambio stile posta del cuore. Se avete un libraio di fiducia a cui rompere l’anima nei momenti difficili, capirete al volo perché questa rubrica esiste. Se non sapete di cosa sto parlando, capirete al volo di aver bisogno di un libraio di fiducia (magari è Marta, magari sarà quello della vostra città).
Cara Marta
ho un tuffo al cuore. Di solito è una cosa bella, stavolta no. Stavolta è più uno di quei tuffi insofferenti che fai sul divano, con un tonfo ovattato che ti fa sentire pesantissimo.
La sospensione a cui ci sta abituando questo tempo di difficoltà è pericolosa. Tutto galleggia attorno o forse siamo noi a tenerlo in ballo fino allo stremo delle forze, un po’ per testare quanto sappiamo stare in apnea, un po’ perché sentiamo di non avere altra scelta. Per ora. Questo “per ora” è diventato lungo e pesante. Vorrei prendere in mano la situazione, non vorrei più rimandare le cose che mi rendono felice e fiera, per quanto sia necessario percorrere nuove rotte per raggiungerle, ora che ci sono tante limitazioni di mezzo.
Ho un tuffo al cuore e ho bisogno di un radar, che sappia captare anche solo un minimo segnale misterioso che mi dia slancio e fiducia, perché alla fine dell’apnea qualcosa c’è e mi aspetta. E pensare che di tuffi me ne dovrei intendere, io che sono nata sulla costa adriatica, anche se confesso di aver imparato a nuotare un po’ tardi… forse sto disimparando?
Se quindi stavolta potessi consigliarmi,… oltre al libro, gradirei un equipaggiamento, magari un paio di coordinate, magari qualcuno che abbia ancora fiducia nel fatto che il tuffo possa essere avventura e non solo abbandono.
“Profondamente” tua, Marianna
Cara Marianna,
“Se nasci in una città di mare, l’odore del mare te lo porti dietro per tutta la vita”. Ti ho pensata subito quando l’ho letto, ecco perché questa volta il libro che ti consiglio è Mio padre è un palombaro di Elisa Sabatinelli, illustrato da Iacopo Bruno e pubblicato da Solferino nel 2019.
Sì hai capito bene, ti propongo proprio un tuffo, un’immersione insomma. Sento la nostalgia di andare a fondo e restare assorti. Lo possiamo fare con Ettore, che sogna di diventare palombaro proprio come suo padre, ma dovrà vedersela con il cattivo di turno, Amedeo Limonta, e la sua sete di potere e conquista. Ambisce infatti a impossessarsi della Perla, l’anima del mare, che finirà però proprio nelle mani di Ettore nel giorno del suo ottavo compleanno…

In questo periodo ho voglia di avventura e di natura, di oceano soprattutto. Sarà che sto riguardando Il mistero della pietra azzurra, te lo ricordi? Il titolo originale a dire il vero è Fushigi no umi no Nadia, letteralmente “Nadia dei mari del mistero”. Sai che anche Mio padre è un palombaro inizialmente era stato proposto ad un produttore giapponese per farne un cartone animato?
Ho voglia di evadere, di esplorare. Di sentirmi altrove. Quanto mi manca, l’altrove. L’ho percepito bene in una frase che Ettore dice quando muove i suoi primi passi sul fondale marino: “È come trovarsi sulla Luna, stare giù o stare su non fa tanta differenza, siamo lontani dalla Terra allo stesso modo”. Ma per esplorare, perché un tuffo “possa essere avventura e non solo abbandono”, come dici tu, serve il giusto equipaggiamento, che è quello che chiedi nella tua lettera.

Impariamo da Ettore: quando arriva il grande giorno della sua prima immersione, scopre di non avere uno scafandro adatto a lui. Non ci sono soldi per comprarne uno nuovo della sua misura e quelli degli amici non gli vanno bene. Rovistando in mansarda e nella vecchia Marina del padre, trova cose preziose: una vecchia tuta impermeabile da meccanico; un paio di scarponi di cuoio, di cui rafforza la suola con due pezzi di ferro che il nonno usava per i lavori alla cisterna; uno scafandro ossidato, pieno di denti di cane e coralli incrostati, che ripulisce e aggiusta con viti nuove. Come a dire, abbiamo già tutto quello che ci serve, lo possiamo pescare dai nostri ricordi, da quello che ci ha rese quel che siamo oggi, e con la giusta fantasia e perseveranza ci adattiamo al futuro.

Mi piace Ettore, il suo desiderio e brivido di “diventare grande”, la testardaggine e l’inventiva. Questa è anche una storia di formazione, di ricerca della propria identità e di come scrivere il proprio futuro. Leggerla in questo periodo così pieno di incertezze e nebbia è terapeutico.
Ti confesso, però, che c’è un altro motivo che mi ha fatto appassionare così tanto a questo libro e che tu, da brava artista, capirai sicuramente. Si tratta della cura sorprendente che accompagna la narrazione, dal testo alle immagini, dalla grafica al lettering strepitoso. Leggere i titoli è davvero sbandierare un nuovo e avventuroso capitolo in un giorno di festa. Il profumo di salsedine ti arriva alle narici dai più piccoli dettagli, come corda e àncora calate lungo le due colonne in cui è impaginato il testo. Ti consiglio di immergere occhi, orecchie, naso tra le pagine. Persino l’indice è affascinante, le dediche iniziali, la mappa del paese e la doppia pagina di bandiere nautiche!
Spero di averti dato le giuste coordinate per un’apnea e una riemersione coi fiocchi. Pensavo quasi di creare una colonna sonora dedicata…che dici, mi aiuti?
Ebbene sì, da oggi, cari lettori, trovate anche la playlist dedicata alle letture di “Me l’ha detto la libraia”, da ascoltare mentre sfogliate i libri consigliati, da esplorare quando vi va.
La prima puntata di “Me l’ha detto la libraia” invece la potete recuperare qui.
