Frances – il racconto di quello che sta nel mezzo
Non farò una recensione, non amo le recensioni, presuppongono sempre un certo distacco. Io nelle storie voglio semplicemente immergermici, quindi restituirò un’impressione, la mia impressione: l’impressione che ho avuto leggendo Frances di Joanna Hellgren, un fumetto, che per lo stile così particolare sembra stare a metà tra illustrazione, bozza e fumetto.
La prima cosa che mi ha colpito di Frances è stata la copertina, l’espressione degli occhi della bambina in primo piano. Dolci e malinconici, grandi e scrutatori, che si nascondono dietro una soffice e calda pelliccia, che come un armatura sembra proteggerla dal freddo.
Io mi chiamo Francesca e sono molto freddolosa, ho subito provato un’immediata empatia con quella bambina, e per questa sciocca ragione ho comprato, poco alla volta, tutti e tre i volumi di Frances, editi da Logos.
Prima di iniziare un fumetto, lascio sempre che i miei occhi si pregustino la storia che stanno per leggere, passando in rassegna veloce tutte quante le immagini. Come quando prima di mangiare una buona torta mille strati, ti perdi ad osservare ogni strato attentamente, facendoti salire l’acquolina in bocca. Quando leggo un fumetto per me è lo stesso.
Ho scoperto così, che i disegni di Joanna Hellgren sanno essere a tratti incantevoli, e a tratti grotteschi, una caratteristica, che ho subito pensato, essere molto familiare alle persone. Sia grezzi che eleganti, la matita sporca il foglio riuscendo nella sua confusione ad essere comunque pulita. Lo stile di Joanna, mi viene da pensare, è uno stile spaventosamente onesto, che può apparire quasi brutale! In esso scorre una sorta di feroce furia espressionistica alla Goya, che spoglia i personaggi, obbligandoli alle loro vere facce, a volte mostruose altre volte mostruosamente spaventate.
Uno stile tanto forte non si limita però solo a farti vedere le cose, ma riesce anche a fartele sentire. E’ incredibile come, soltanto utilizzando la grafite, Joanna Hellgren riesca a farti sentire con gli occhi la superficie ruvida e ancora un po’ grezza del legno, o la freddezza delle acque gelide a notte fonda. Riesce con queste tavole incredibili che prendono o metà o tutto il foglio, a restituirti quell’atmosfera rigida e malinconica che si associa spesso e volentieri proprio ai paesi del Grande Nord, lontani e remoti, dove la natura, il legno,(e la matita) sembrano avere ancora una prerogativa particolare sulla vita dell’uomo. Scandita dai ritmi rigidi e rigorosi del freddo.
Un segno quello di Joanna che ben delinea quindi, un paesaggio come quello del Nord, sa trasmetterti le sue sensazioni, senza però darti troppo coordinate geografiche, ne temporali, tutto è chiaro e definito ma allo stesso tempo perso e incerto, come una vecchia fotografia.
Frances assomiglia proprio a questo, ad una vecchia fotografia, di quelle dimenticate in soffitta, dei tuoi nonni magari, è una vecchia storia, che nessuno si è preso la briga di ascoltare. Una storia secondaria, sono tutti personaggi secondari quelli che si muovono dietro le quinte di questi volumi. La protagonista ideale, Frances è la bambina lasciata indietro; dalla madre smaniosa di vivere una vita più autentica, di diventare ‘una protagonista’, e suo malgrado anche dal padre. Frances è un anti protagonista, eppure il nome che compare sulla copertina è proprio il suo.
In tutte la storia si avverte una certa tensione, un’inquieta impazienza che tende verso un altro mondo, un futuro diverso, via dai quei paesini di campagna che sembrano davvero dipinti soltanto sullo sfondo. Ma forse, il messaggio di Frances è proprio questo: non esistono primi piani, non esistono protagonisti, le storie nascono e finiscono senza soluzioni definitive, e tutto è un lento e continuo scorrere, di cui anche la morte fa parte. La morte infatti non spezza ma, al contrario, da il via a questa storia, mette in moto avvenimenti, nuovi incontri, e si lascia dietro altrettante storie, nessuna delle quali è il vero principio: l’inizio non esiste, perché quello che davvero conta è il continuo, la vita. Sarà forse per questo che al principio di un avvenimento davvero importante, dell’inizio di un’altra storia, forse tutto sommato quella ‘centrale’, il racconto finisce.
Frances è semplicemente il racconto di quello che sta nel mezzo, di ciò che scorre silenzioso e monotono, come la vita, che pure sa essere così meravigliosa. E’ come una folata di vento gelido: prima lo senti graffiarti come se ti prendesse a schiaffi, ma poi, sempre con quella stessa mano dura e decisa, ecco che ti accarezza, e si fa improvvisamente caldo. Solo all’inizio sembra freddo, freddo nel suo modo imparziale che ha di presentarti i personaggi, senza giudicarli, quasi con indifferenza, freddo nelle atmosfere, e nei suoi toni di grigio, nei legami che racconta, anche quelli pieni d’amore, e tuttavia si evince che l’amore c’è, sia in quello che racconta che nel modo in cui lo fa, ed è quell’amore che alla fine ti scalda! L’amore che restituisce calore alla freddezza della vita.
Buona lettura