Intervista a Rita Micozzi e il mondo delle Fan Art
Quando gli anni passano ogni tanto ti guardi indietro e pensi a che fine abbiano fatto i tuoi compagni di corso al tempo dell’università o del liceo. A volte qualcuno lo dimentichi, altre volte lo rivedi per caso, altri li ritrovi tuoi colleghi anche nel lavoro di tutti i giorni.
Conosco Rita da diversi anni, da quando studiavamo all’Accademia di Belle Arti a Macerata e ritrovarsi in giro per fiere diversi anni dopo è stato una bellissima sorpresa.
Rita è sempre stata vulcanica ma quando ho scoperto la sua passione per le Fan Art (o fanart scegliete voi) non potevo farmi scappare l’occasione e chiederle qualche informazione in più su questo mondo e la sua vita professionale!
Ma facciamo prima le dovute presentazioni, l’educazione lo impone.
Presentati!
Ciao a tutti e grazie Andrea per questo spazio!
Mi chiamo Rita Micozzi, Rita Mira su Facebook, e che dire? Disegno da sempre! Non ricordo un periodo della mia vita in cui non disegnassi dalla mattina alla sera. Quando non lo facevo, leggevo fumetti. Per cui quando è arrivato il momento di decidere cosa fare della mia vita professionale, non avevo alcun dubbio. Dopo il liceo mi sono iscritta a quella che una volta era la Scuola Internazionale di Comics di Jesi (da poco è diventata Acca Academy) e all’Accademia di Belle Arti di Macerata. Entrambi questi percorsi mi hanno dato quello che mi serviva per avere un’ottica professionale sul mondo che fino a quel momento era sempre stato solo un diletto. Ho capito i meccanismi dell’arte per intrattenimento, il linguaggio del fumetto e della narrativa per immagini, e sono arrivata a capire cosa ci fosse dietro ai cartoni animati e perché li amassi tanto anche alla mia veneranda età.
Anche adesso ogni tanto, cerco corsi e workshop brevi per perfezionarmi e ampliare le mie competenze. Quest’anno ne ho seguito uno presso la Genius Academy a Roma, con Antonio de Luca come docente, sulla costruzione digitale del volto, e uno a Grosseto presso l’associazione Acme, con Enrique Fernandez, sul character design destinato a diverse fasce di pubblico.
Dopo gli studi cosa hai fatto?
Quasi per caso mi è capitato di fare alcune prove per entrare alla Rainbow, e sono stata assunta nel 2007 come Prop Artist (disegnatrice degli oggetti di scena) per il loro primo cartone animato destinato a un pubblico maschile: Huntik Secrets and Seekers.
Dopo un periodo relativamente breve sono passata a lavorare in Rainbow a tempo indeterminato, e ormai posso dire di essere da oltre un decennio parte del mondo dall’animazione.
Lavorare in questo ambito è sicuramente una conquista, ma da qualche anno a questa parte ho sentito un forte bisogno di ricominciare a disegnare anche come soddisfazione personale, non solo per una ditta.
In questo mi ha aiutato mio marito Davide Cencini, con il quale mi sono addentrata nel difficile ambiente editoriale italiano (in quasi tutte le sue sfaccettature): e quindi abbiamo pubblicato un paio di saghe fantasy personali, illustrate e non, facendole conoscere (appunto) attraverso le fiere di settore.
Siamo usciti con la serie di Darkwing ufficialmente nel 2012, (per un breve periodo abbiamo avuto un editore, ma quando questi ha deciso di chiudere al fantasy, siamo tornati ad autoprodurre interamente il progetto) e nel 2017 con Dershing: Gli Ultimi Draghi, sotto il marchio di Plesio Editore. Ad oggi abbiamo all’attivo cinque romanzi, due fumetti brevi e due libri Spin Off.
Ho realizzato oltre che alcune delle nostre copertine e illustrazioni interne, una marea di studi, concept art e character design, abbastanza materiale da creare degli archivi completi dei nostri lavori che si possono anche consultare online: qui e qui
Tra il 2014 e il 2017 ho collaborato con case editrici emergenti nel panorama italiano, tra cui Gainsworth Publishing, Astro e Plesio Editore, curando alcune loro copertine. Saltuariamente collaboro con mio marito Davide a delle illustrazioni scolastiche per diversi editori italiani, da Rizzoli, a Mondadori a La Scuola Editrice.
Infine dall’anno scorso io e altri 13 illustratori del fantastico italiano ci siamo riuniti in un collettivo, I’Imaginaria Fantastic Contemporary Art, per far conoscere e apprezzare di più l’illustrazione fantasy in Italia. Insomma, è difficile trovarmi con le mani in mano!
Ma parlaci della tua passione, i Gargoyles (so che non vedi l’ora). Come funziona il mondo delle fanart e nello specifico di questo stupendo cartone anni 90?
Aha, vediamo se riesco a spiegarmi in maniera da sembrare più professionale e meno nerd…
Nel 1995 avevo sentito che la Disney avrebbe lanciato una serie molto al di fuori dei suoi standard (se qualcuno ha mai visto le serie del Disney Afternoon, sa di cosa parlo); intercettai una sera, quasi per caso, l’episodio pilota…e rimasi folgorata!
Quella serie era effettivamente tutt’altra musica rispetto a tutto quello a cui la major americana ci aveva abituato fino ad allora. Una serie adulta, con temi molto dark e uno stile che vagamente mi ricordava il Batman di Bruce Timm (graficamente, un’altra mia grandissima passione). Era così stimolante che mi ha spinto a disegnarci su dozzine e dozzine di sketch. Fino a quel momento disegnavo con uno stile estremamente cartoon, e mai figure del tutto umane o che si avvicinassero a un realistico; con Gargoyles, invece ho imparato meglio l’anatomia umana e ho cominciato anche a fare delle prove con gli sfondi. Ecco perchè amo tanto quella serie: mi ha spinto a fare il salto di qualità di cui avevo bisogno. Si può dire che mi abbia aiutato a sbloccarmi.
Ho anche inserito un omaggio personale nel romanzo di Dershing, creando il personaggio di Akkar, una statua dalle fattezze “gargoylesche” che impara lentamente a conoscere la vita.
Ho passato anche un breve periodo (ma comunque piuttosto intenso) di fanart sul manga Naruto, forse l’unico manga di cui abbia mai spontaneamente fatto delle fanart in maniera più duratura.
Fare Fan Artt in generale di solito è molto di aiuto per un giovane disegnatore: tutti attraversiamo la fase di emulazione “copiando” uno stile o un personaggio che ci piace, è essenziale per cominciare a formare il proprio gusto artistico e imparare trucchi stilistici dai nostri idoli. L’importante è saperlo poi rielaborare in modo più personale.
Durante il primo periodo lavorativo ho un poco abbandonato la produzione di Fan Art, per motivi di tempo e anche per sforzarmi di ampliare la mia prospettiva; sono una che ama variare i propri gusti e non fossilizzarsi su pochi stimoli, per cui è passato parecchio tempo prima che ricominciassi a produrre fanart finite.
Ma anche la f Fan Art si può trasformare in un lavoro? Ci puoi raccontare questo passaggio?
Si, infatti negli ultimi anni ho osservato un fenomeno interessante: in rete alcuni artisti di livello veramente alto hanno ampliato a dismisura il proprio pubblico sfruttando il mondo della fanart. Ricordo che alcuni dei primi a produrre fanart in maniera regolare sono stati due artisti molto bravi e conosciuti nel web, Sakimi Chan e Stanley Lau , che hanno iniziato interpretando popolari personaggi dei cartoni animati con uno stile personale di altissima qualità, e a volte proponendo anche idee divertenti come il cambio di sesso di personaggi famosi, o un’interpretazione stilistica di tutt’altro genere rispetto all’originale; con queste illustrazioni hanno quadruplicato la loro popolarità attraverso internet. In breve tempo moltissimi altri artisti importanti hanno voluto fare lo stesso, e la rete si è trovata invasa da fanart di qualità sui temi più disparati.
Adesso l’uscita di un nuovo videogioco, un nuovo cartone, un nuovo film, è solitamente sempre accompagnata da un battaglione di nuove fanart, a volte disegnate anche da nomi importanti dell’animazione e del fumetto.
Non è più una cosa prettamente da disegnatori nerd improvvisati, è diventato uno dei motori dell’industria dell’entertainment, e un modo sicuro per farsi conoscere online senza dover per forza passare per una pubblicazione ufficiale.
Per sfruttarlo, un artista deve o essere bravissimo a livello tecnico ed essere abbastanza veloce e produttivo da sfornare una fanart a ogni lancio di un nuovo prodotto o trovarsi una propria nicchia, un tema in cui eccellere ed essere abbastanza “unico” e richiesto da un certo tipo di fandom.
Io, essendo stata a suo tempo molto attiva nei fandom dei Gargoyles, ho dovuto solo rinfrescare alcuni dei miei vecchi personaggi ispirati alla serie ed ecco che quando ho aperto alle commission ai privati sono stata letteralmente sommersa dalle richieste dei vecchi membri del fandom (che credevo ormai abbandonato). Tant’è che adesso, dopo cinque mesi di attività, ho dovuto chiudere di nuovo per stare dietro anche al resto del mio lavoro.
Per produrre fanart ogni piattaforma che offra il servizio di caricare una gallery è perfetta come vetrina. Quelle come Deviantart o Instagram sono forse più generaliste, mentre su Artstation e Behance mi sembra si trovino più artisti a livello professionale. Il che chiaramente influenza anche i prezzi di ingaggio.
Molti artisti poi usano Patreon, che è un sistema più articolato: in sintesi, si viene ricompensati da dei “Patroni” che finanziano la produzione di commissions in maniera regolare.
Quali sono stati gli artisti che ti hanno ispirato ad intraprendere questa carriera?
Ci sono state due letture in particolare che hanno operato su di me una specie di “risveglio”, e cioè ElfQuest di Wendy e Richard Pini e soprattutto Bone di Jeff Smith. Dopo aver conosciuto queste opere ho avuto la certezza di voler lavorare con il disegno per realizzare un’opera fantasy personale, magari illustrata o a fumetti, difatti è stato in quel periodo che ho iniziato a buttare giù le prime idee per Dershing, ed ho cominciato con Davide a schizzare i primi concept di Darkwing.
Antonio de Luca invece mi ha (anche personalmente) indirizzato all’illustrazione fantasy ed editoriale. Un artista più recente che ho scoperto e che sto studiando è Justin Gerard, che sta reinterpretando l’immaginario di Tolkien con uno stile accattivante, espressivo e lievemente cartoonoso, utilizzando un perfetto mix di tecniche tradizionali e digitali.
Ad oggi quale è stata la tua migliore esperienza lavorativa e perchè?
Come illustratrice citerei le prime due copertine che ho realizzato per la Gainsworth Publishing, quella de “La principessa sbagliata” un fantasy umoristico scritto da Ester Trasforini, e quella di “Di Metallo e Stelle” dell’autore Luca Tarenzi. Con l’editrice, Valentina (che mi ha fatto in questo caso anche da art director), ci siamo subito intese a livello artistico e ha saputo sempre darmi indicazioni precise ed efficaci per dare il meglio su entrambe le cover. Come autrice completa è invece stata fantastica l’esperienza editoriale con Plesio Editore per pubblicare il nostro Dershing. Ci hanno seguito minuziosamente in ogni fase, dall’editing all’impaginazione delle illustrazioni ed hanno trovato sempre soluzioni tempestive ai problemi di stampa e distribuzione. Inoltre, lavorare gomito a gomito alle fiere ci ha fatto sviluppare un forte spirito di squadra anche con gli altri autori della scuderia, che speriamo di poter ricambiare con il nostro impegno.
Cosa consiglieresti a chi è alle prime armi?
Di non smettere mai di studiare. Qualunque cosa, dal disegno tradizionale alle più innovative tecniche digitali, dalle ultime uscite editoriali alle strategie di mercato. Ovunque crediate o anche sospettiate vagamente di avere una lacuna, trovate un corso, un workshop o semplicemente un forum o gruppo online che vi possa aiutare a superarlo. Essere sempre aggiornati e lavorare sui propri difetti sono gli unici due modi per sopravvivere nella giungla del mercato dell’intrattenimento visivo, qualunque sia la specializzazione in cui vi buttate. Io prediligo e consiglio corsi e workshop perché il confronto diretto con più persone che vogliono raggiungere i tuoi stessi obiettivi è un modo eccezionale di capire come migliorarsi. Di solito quando ne frequento uno imparo non solo dall’insegnante, ma anche dai miei compagni. E’ qualcosa che tutti i tutorial della rete, per quanto ben fatti, non possono darti.
E ricordate di mantenere una mente aperta sul futuro. Ci sono molte possibilità da esplorare, non solo una, nel nostro mestiere. Io ho iniziato il mio percorso creativo con l’idea di diventare una fumettista; adesso sono animatrice, illustratrice, autrice, e non credo di sentirmi ancora arrivata :D.
Se potessi realizzare una copertina per il mercato italiano, quale titolo sceglieresti?
Credo che morirei per realizzare una cover di una nuova edizione de “La storia infinita” di Michael Ende, o di un qualunque titolo di Neil Gaiman, forse “Nessun Dove”. Sono i libri che hanno risvegliato la mia immaginazione quando li ho letti.
Angolo promo, dove ti possiamo trovare?
Artstation https://www.artstation.com/ritam
Deviantart: https://ritam.deviantart.com
Instagram: https://www.instagram.com/rita_mira_art_/