Contenuto #1: raccontare con l’illustrazione
Oggi vorrei parlarvi di uno di quei “contenuto” di cui ho parlato nell’inizio del mio racconto.
Immagino che vi sia arrivata voce, in qualche modo, che l’illustrazione non può essere la riproduzione del testo tradotto per immagini e basta. O meglio, che non può esserlo quando questo non è esplicitamente richiesto.
Si, perché quando all’illustrazione si chiede di essere didascalica lo deve essere senza protestare. In quel caso, quello è il suo ruolo. Non si scappa.
C’è, però, la possibilità che questa benedetta illustrazione debba essere altro. Ma altro cosa? Cominciamo col dire che questo “altro” è tanta roba. Tutta questa roba può essere descritta, sinteticamente, come il racconto di ciò che non è raccontato.
Provate ad immaginare un testo, un classico, che so… Cappuccetto Rosso, tanto per essere banali fino in fondo.
Cosa ricordate di questa storia?
Beh… facile! Il cappuccio rosso, il lupo, la nonna, il bosco, il cacciatore… la cuffietta da notte.
Ma se vi chiedessi in che stagione il lupo incontrò cappuccetto rosso? Sapreste rispondere?
Oppure: cosa diceva il meteo? Bel tempo? Pioggia?
O, ancora, che tipo di bosco era? Faggeta? Querceto? Conifere?
E se andassi ancora più a fondo potrei chiedervi qual’era il sentimento, l’atmosfera, che pervadeva quei luoghi.
Non vado oltre ma, questa volta sul serio, vi chiedo se leggendo quella storia, leggendola senza illustrazioni, riuscireste a non essere schiavi degli stereotipi e a non illustrare altre illustrazioni che avete visto. Perché il punto è tutto qui.
Attraverso l’illustrazione abbiamo il potere di affrancarci dagli stereotipi o di assecondarli. Abbiamo l’occasione di mostrare ciò che il nostro animo ha percepito “leggendo” le righe non scritte del racconto e di illustrarlo attraverso un racconto altro. Abbiamo modo di arricchire il testo e, perché no, di amplificare l’esperienza di chi legge.
Eccolo il primo contenuto: un racconto.
Così l’illustratore inizia a mostrare quello che la scrittura ha lasciato intuire o non ha detto. Nel cielo compaiono nuvole temporalesche, luci arancio e riflessi turchesi. L’imbrunire è alle porte ma ancora non è il suo momento. In fondo gli alberi sono meno fitti, si vede una radura che ancora non è stata inghiottita dalle ombre lunghe del tardo pomeriggio. L’umidità dell’aria crea una decisa foschia e, proprio lì, dopo il ponte, c’è la casa della nonna.
Cappuccetto rosso, avvolta nel suo pastrano di lana grossa, è ormai sull’uscio della casa e allunga la mano verso la catena della campanella, di rame, verde per l’ossidazione. La sua attenzione è, però, catturata da un piccolo insetto azzurro che arranca sulla vernice scrostata della porta… ed esita ancora un po’ prima di annunciarsi.
Lei non lo sa. Dalla sua posizione non può accorgersene. Noi, però, che osserviamo da un’altra prospettiva lo vediamo, il lupo, mentre si lecca il pelo delle zampe, nel letto della nonna che ha divorato. Noi lo vediamo il sangue. Cappuccetto è troppo ingenua. Ma come farà a non accorgersi di nulla?
Intanto la sera è giunta e i colori si fanno meno vividi, più azzurri. Tra non molto saranno grigi. Una certa sensazione di incombente destino avvolge le cose e segna gli sguardi di Cappuccetto.
Mi fermo.
Questo succede. Ci si accorge che la stessa storia può essere raccontata in tanti modi diversi. Ci si accorge che nel momento in cui mettiamo in gioco la parte più autentica di noi per raccontare, quasi spontaneamente, le immagini prendono vita e, a volte, abbandonano la prosa per esprimersi con la poesia.
Altre volte no.
Contenuto.