Che disagio il lettering!
Mi sembra logico cominciare questo articolo con la mia reazione istintiva al concetto di lettering:
Che disagio il lettering!
Sì perché ‘l’arte di disegnare le lettere con l’abilità della calligrafia, utilizzando la tipografia come guida’ mi fa sempre un po’ sclerare!
Quando vedo le illustrazioni altrui con belle scritte fatte a mano un po’ stortine e tanto affascinanti – proprio per questo motivo-, mi dico che voglio realizzarle anche io, poi ci provo e il risultato non è assolutamente quello che mi aspettavo.
Riscrivo le singole lettere più e più volte, ma non sono mai davvero soddisfatta.
Eppure ricordo che alle medie, quando si doveva scrivere un biglietto di auguri o una frase carina su un cuore gigante di plastica – ebbene, lo standard dei regali di compleanno nel 2002 era questo – incaricavano me perché sapevo fare delle belle scritte, quelle cicciotte ad uniposca, con il cuoricino al posto del puntino della ‘i’, con le quali si riempivano i diari della Smemoranda per intenderci; probabilmente il mio talento a riguardo si è fermato al 2002.
Non che non ci provi, anzi pubblico anche illustrazioni con una sottospecie di lettering con il quale ho trovato una comfort zone (ma solo con alcuni pennelli, perché se provo a cambiarli non c’è proprio verso), però il mondo del lettering mi sembra ancora lontano.
Non riesco a classificarlo, è una scritta, ma non solo questo, è un messaggio e in se stesso veicola un sentimento, una sensazione. È un’estetica.
Le lettere poste in un certo modo a prima vista ti stanno comunicando che devi guardare quella immagine con un senso di gioia, paura, dolcezza. Segni morbidi ti invitano a sentirti rassicurato, quelli più spigolosi ti mettono in guardia e in questo periodo storico in cui comunichiamo attraverso le immagini, molto più che con le parole, queste ultime si tramutano nelle prime: le parole sono immagini e le immagini parole e io, forse giustamente, mi sento un po’ alla deriva.
Non penso di essere la sola a provare disagio. Credo che il lettering sia un argomento spinoso per ogni illustratore al quale viene richiesto, ad esempio, di scrivere a mano il titolo del libro che sta illustrando, sottintendendo che le illustrazioni e il titolo devono comunicare, deve esserci un rapporto stretto di coesione stilistica che non è sempre facile trovare e quindi, spesso, si sclera un po’. Ma è anche divertente. La parte più bella dell’essere illustratore è proprio la continua ricerca, un tuffo a bomba nel mondo dell’immaginazione e della comunicazione che a volte ci porta a naufragare in terre lontane, tanto è vasto.
Divagazioni a parte, tornando a parlare di lettering e disagio, qui sotto ho linkato un po’ di aiuti nella creazione del lettering, per i mie simili sparsi nel mondo del web. Scleriamo insieme dandoci una mano:
Ricapitolando, il lettering è l’arte di disegnare le lettere, i segni grafici diventano non solo decorazione, ma forma d’espressione, linguaggio.
Ho cercato di documentarmi un po’ sulla storia del lettering, ma sono conscia di saperne ancora troppo poco a livello storico, mi torna sempre in mente però una visita all’ Alcàzar di Siviglia, con un’amica del posto e un altro amico originario del Marocco, il quale ci ha spiegato come le scritte sulle pareti fossero esse stesse una decorazione, essendo quella musulmana una cultura iconoclasta c’era la necessità di narrare visivamente attraverso quelle splendide lettere piene di voluttà, quasi a sembrare dei fregi naturalistici.
Ecco, quando penso al lettering penso a come le sole lettere non ci bastino, che il messaggio è veicolato dal modo in cui è scritto, dalla forma, dal colore, dallo spazio che prende sul foglio o sulla copertina di un libro.
Recentemente ho visto Paterson, un film di Jim Jarsmusch, nel quale il protagonista è un poeta e dedica una splendida poesia d’amore alla sua compagna facendosi ispirare dalla scatola di fiammiferi che ha a casa: (qui nella traduzione italiana)
Poesia d’amore
Abbiamo molti fiammiferi in casa nostra
Li teniamo a portata di mano, sempre
Attualmente la nostra marca preferita
è Ohio Blue Tip
Anche se una volta preferivamo la marca Diamond
Questo era prima che scoprissimo
I fiammiferi Ohio Blue Tip
Sono confezionati benissimo
Piccole scatole resistenti
Con lettere blu scuro e blu chiaro bordate di bianco
Con le parole scritte
A forma di megafono
Come per dire ancora più forte al mondo
Ecco il più bel fiammifero del mondo Il suo stelo di tre centimetri e mezzo in legno di pino
Sormontato da una testa granulosa viola scuro
Così sobrio e furioso e caparbiamente pronto
A esplodere in fiamme
Per accendere, magari, la sigaretta della donna che
ami
Per la prima volta
E che dopo non sarà mai più davvero lo stesso
Tutto questo noi vi daremo
Questo è ciò che tu hai dato a me
Io divento la sigaretta e tu il fiammifero,
O io il fiammifero e tu la sigaretta,
Risplendente di baci che si stemperano
nel cielo
é proprio la forma a megafono delle lettere – che ricorda vagamente il Manifesto di propaganda del libro di Rodchenko – a veicolare il messaggio d’amore.
Il font(o la font) è chiarissimo: urla a gran voce un sentimento che esplode in miliardi di scintille.
Se il lettering o il mondo della calligrafia in generale racchiude tutto questo, un Big Bang di sentimenti di ogni tipo pronto a generare mondi in base al modo in cui vengono dispiegate le lettere, beh credo sia normale sentirsi un po’ sopraffatti, e al contempo affascinati.
Che disagio quindi il lettering, ma che bello che con un segno – dietro cui c’è sicuramente un grande studio, pratica e molti tentativi – si possano smuovere i nostri sentimenti; che responsabilità e che meraviglioso microcosmo è, il lettering.