
Artisti in quarantena #2
Che impatto ha avuto su di te la quarantena dal punto di vista psicologico?
Mentirei se dicessi di averla passata in leggerezza. Al netto della situazione legata alla pandemia avevo in corso un anno già molto difficile a livello personale, con famiglia e amici a più di cento chilometri (li ho visti due volte in un anno), per molto tempo ho vissuto completamente da sola e con il mio cane con problemi motori. Ho vissuto quella che poi è stata definita dagli esperti “sindrome della capanna”, muovendomi al minimo, in quel periodo, negli stessi tre o quattro isolati attorno al mio condominio. Surreale, per una come me che ha sempre viaggiato molto.
Per rispondere alla tua domanda in modo molto diretto, non sono la stessa persona che ero prima del febbraio 2020. Nel bene, quanto nel male.
Come hai reagito ai mesi di immobilità forzata?
Inizialmente, mi sono sentita sotto una schiacciasassi! Ho dormito e pianto molto, a più riprese; non penso di essere mai stata così avvilita in vita mia. In un secondo momento, mi sono appassionata di esercizio fisico dopo aver intrapreso un percorso fisioterapico in palestra, e devo dire che muovermi e diventare più forte mi ha aiutata tantissimo a livello mentale; anche perché a differenza di molti, per un anno non sono riuscita a guardare nemmeno un film o una serie tv, non avevo concentrazione, quindi l’unica cosa da fare era recuperare il contatto col mio corpo e la fisicità, aumentando la consapevolezza di quante cose meravigliose può fare.
Anche lavorare mi ha aiutata molto, perché mi faceva sentire che là fuori qualcosa continuava, nonostante le continue cancellazioni di fiere e saloni.
È cambiato qualcosa dal punto di vista lavorativo? Hai lavorato di più? Di meno?
È cambiata la mia concezione del tempo, di quello che voglio farci, e di conseguenza della mia stessa vita. Sono più lenta, più rilassata, e più attenta ai miei bisogni e alle mie necessità.
Seleziono sempre di più le cose da fare, le persone da vedere, le attività e i progetti a cui prendere parte, e dico un mucchio di No, senza rimpianti.
Ho lavorato un po’ di meno in termini di progetti editoriali, ma non poco quanto mi aspettavo, devo dire.
È stato comunque un anno in cui mi sono levata delle belle soddisfazioni, oltretutto riuscendo a tenere un buon ritmo nonostante la situazione legata alla pandemia.
Cosa vedi per il futuro?
Durante la seconda ondata ho deciso di cambiare leggermente il mio tipo di attività, di ritornare ad alcune cose che avevo lasciato negli anni passati, rispolverandole e rinnovandole (per ora non posso dire di più!) e di dedicarmi con molta passione all’insegnamento.
Mi sono anche innamorata e in tempo relativamente lampo sono andata a convivere, durante il secondo lockdown. Siamo un bel team, devo dire, quindi vedo nel futuro anche i nostri progetti a livello creativo e personale. Una bella sensazione, di fermento, che spero molti potranno avere o recuperare presto, dopo questo anno pesantissimo.
Perché la pandemia non ha portato via solo salute e denaro, ma anche i sogni. E senza quelli, ogni giorno è davvero uguale all’altro.

Che impatto ha avuto su di te la quarantena dal punto di vista psicologico?
Il periodo più difficile è stato senz’altro il primo, da Marzo 2020 fino alla riapertura.
Come hai reagito ai mesi di immobilità forzata?
Mi sono concentrata e direi quasi immersa nelle molte cose che potevo, dovevo e volevo fare.
Mi svegliavo all’alba e facevo esercizi per stancarmi il più possibile e non aver modo di pensare troppo, la sera prima di dormire.
È cambiato qualcosa dal punto di vista lavorativo? Hai lavorato di più? Di meno?
Qualcosa è cambiato (workshop e laboratori annullati, uscite dei libri posticipate etc..) ma direi inezie rispetto ad altre professioni. Ho lavorato molto meno nei mesi in cui le scuole sono state chiuse e avevo mio figlio piccolo a casa tutto il giorno. Per fortuna lui era contento di essere a casa ed essendo ancora alla scuola materna, abbiamo schivato la DAD!
Cosa vedi per il futuro?
Almeno in Italia, dalla seconda ondata in poi, le librerie e i libri sono state considerate “beni essenziali”. Questo piccolo passo avanti mi lascia ben sperare.
Che impatto ha avuto su di te la quarantena dal punto di vista psicologico?
All’inizio non ha avuto grande impatto. Lavorando sempre da casa mi sembrava che la mia routine quotidiana ne uscisse alterata solo in piccola parte, ma con l’avanzare del tempo tante cose hanno iniziato a pesarmi in maniera sempre più forte, come non poter vedere gli amici in serenità, non poter andare alle fiere e molte altre cose.
Come hai reagito ai mesi di immobilità forzata?
Me li sono fatti andar bene per forza. Penso che ognuno di noi abbia una sua parte di responsabilità in una situazione assurda come questa, però non nego che ho parecchio bisogno di un viaggio. Non mi importano troppo la destinazione e per quanto mi ci fermerò, ho solo voglia di prendere e partire.
È cambiato qualcosa dal punto di vista lavorativo? Hai lavorato di più? Di meno?
Professionalmente penso di esser stato molto fortunato: il lavoro ha continuato ad arrivare e, anzi, ne ho avuto anche di più rispetto agli anni scorsi. Sono anche partite alcune cose nuove (sono da poco docente di animazione) che mai mi sarei aspettato partissero in un periodo come questo.
Cosa vedi per il futuro?
La fine di questa lunghissima situazione e tanti abbracci, amici, fiere, viaggi e tutto quello che non ho potuto fare quest’ultimo anno a causa delle restrizioni.

Che impatto ha avuto su di te la quarantena dal punto di vista psicologico?
Dal punto di vista psicologico la “botta” è arrivata adesso, nelle ultime settimane.
Prima bene o male non ho sofferto molto, anche perché non sono il tipo che si annoia (“si annoia chi è noioso” diceva un saggio).
Quella che alla fine mi è mancata è soprattutto la normalità dei rapporti (questa è una banalità che potevo evitarmi… pensate che stavo per scrivere “mi son mancati gli abbracci”. Se vinco Mister Italia lo dico: “Mi son mancati gli abbracci e vorrei la pace nel mondo”. Non so perché, ma ho riempito questa intervista di risposte demagogiche. E vabbè dai… Non dura tanto. I sali comunque sono nel primo cassetto del bagno)
Come hai reagito ai mesi di immobilità forzata?
È stato come quando da piccoli saltava la luce e, di primo acchito, ci ritrovavamo tutti spaesati e un po’ spaventati. Poi però ci rendevamo conto che stava succedendo qualcosa di particolarmente interessante e memorabile.
Ho capito che il lockdown sarebbe stata quantomeno per me un’occasione di riflessione e crescita come lo sono sempre tutti i cambiamenti inaspettati e repentini. (Si, vabbè, qui son poco credibile. Mi succede sempre dopo il secondo bicchiere di limoncello…)
È cambiato qualcosa dal punto di vista lavorativo? Hai lavorato di più? Di meno?
Io abito in un angolo remoto dell’Italia, collegato malissimo col resto della penisola, per cui paradossalmente lavorativamente il fatto che tutti fossimo costretti a rimanere fermi ha ridotto il gap che mi pesava come un handicap rispetto ai colleghi.
Ho lavorato molto, disegnato molto, fatti molti progetti: un po’ come quelli che vanno in prigione e ne escono che si son presi una laurea… (non credo sia successo a Fabrizio Corona, ma ad alcuni è successo).
Cosa vedi per il futuro?
(Ndr: Un Olivotti introverso e tedioso parte qui per la tangente: che sia anche questo un effetto del lock down?)
Non ho ben chiaro cosa ci aspetta nel futuro e questo per me è strano perché di solito ci azzecco sempre (anzi dovrei iniziare a scommettere sul futuro delle nazioni). Questa volta non ho capito come il capitalismo del villaggio globale riuscirà a reagire a questo terremoto sociale ed economico. A livello individuale credo invece che tutti abbiano avuto modo di uscire trasformati da questa crisi e, alla lunga distanza, anche migliorati. Nonostante tutto, credo che quel prima slogan “Ne usciremo tutti migliori” (ripeto: alla lunga distanza) si concretizzerà. Sono molto molto molto contento che in questo periodo l’Essere abbia recuperato terreno sull’Avere.
(Fermi tutti: qui parte un Pippone politico che manco “Porta a porta”)
L’Italia dal canto suo ha reagito come ci si poteva aspettare e cioè con un grandissimo caos organizzativo, con grandi slogan, con alcune squallide manovre al limite del criminoso (su cui spero la magistratura faccia luce nel prossimo futuro) da parte di alcuni (pochi) manigoldi, ma al contempo rimediando come sempre grazie alla grande fantasia, al grande cuore, al grande altruismo di alcuni italiani che fa di noi, nonostante tutto, ancora un Bel Paese. (Per questa frase finale potrebbero propormi un posto in Parlamento)

Che impatto ha avuto su di te la quarantena dal punto di vista psicologico?
A livello psicologico la quarantena è stata piuttosto deflagrante. Dopo un primo momento di sconcerto mi sono reso conto di perdere progressivamente “gli ormeggi” andando, giorno dopo giorno, alla deriva. Il ritmo giornaliero si è sfilacciato, ha perso di direzione, di vigore e la grande mole di notizie (che comunque sceglievo un po’masochisticamente di seguire) non ha contribuito a ripristinare la rotta.
Come hai reagito ai mesi di immobilità forzata?
Ai mesi di immobilità ho reagito anche grazie al lavoro di docente che si è adattato con rapidità all’on-line e mi ha costretto/stimolato a trovare nuove strategie di comunicazione e formazione con gli studenti.
Ho anche aggirato l’immobilità grazie a una ginnastica casalinga e talvolta sono uscito di casa nonostante il divieto e in solitaria (camminando lungo il greto del torrente o nei prati intorno alla città), anche se lo scenario desolato rinnovava la dimensione inquietante e distopicamente evocativa
(ho avvertito il tutto, soprattutto da un punto di vista sonoro).
È cambiato qualcosa dal punto di vista lavorativo? Hai lavorato di più? Di meno?
A livello lavorativo, per fortuna, non è cambiato molto. Ho continuato a disegnare su progetti di libri che erano in corso d’opera e ho continuato ad insegnare. Sono però venuti meno gli appuntamenti laboratoriali con i bambini, gli incontri di promozione alla lettura e così, ad ora, due libri che sono usciti nel periodo pandemico non hanno potuto essere valorizzati. Le preoccupazioni per il futuro lavorativo si sono comunque fatte sentire in maniera pressante e con costanza.
Cosa vedi per il futuro?
Ad ora, avverto ancora una sensazione di spaesamento che non mi permette di guardare tanto più in là del mio naso.
Mi accorgo, nel quotidiano, di come sia aumentato sensibilmente il costo della vita e mi sembra di leggere sui volti e sui corpi delle persone, lo strascico fisico ed emotivo dell’esperienza pandemica.
Mi sembra di percepire un a sorta di usura collettiva e di nervosismo latente che si manifestano sottilmente tra gli individui. Spero tutto torni alla “normalità” ma, a margine di alcune nebbie che mi sembra aleggino all’orizzonte , mi auspico si possa costruire un “dopo” nuovo e basato su consapevolezze ed equilibri nati anche grazie al disastro attraversato.