EROE CERCASI: CITOFONARE MÜNCHHAUSEN

Viaggi terrestri, marini e lunari del Barone di Münchhausen

Gianluca Caporaso, Sergio Olivotti

Lavieri, 2019

Anno nuovo, nuove imprese. Per scrivere la prima recensione dell’anno avevo bisogno di un eroe: niente principi azzurri per principesse da salvare, niente grandi uomini dietro ai quali poi puntualmente si scopre che c’è una grande donna, insomma, niente stereotipi. Avevo bisogno di un eroe vero!

Gli eroi veri sono impavidi perché solo chi ride in faccia alla paura si scapicolla in giro per il mondo abbandonando ricchezze e certezze.

Gli eroi veri sono matti perché solo i matti, quando vedono il proprio cavallo parcheggiato su un campanile, invece di chiedersi come sia possibile, al massimo rimangono un po’ perplessi ma poi trovano subito un modo per andarselo a riprendere. 

Ho perciò deciso che, se volevo affrontare il 2020 con lo spirito giusto, avrei dovuto giurare fedeltà al Barone di Münchhausen, nella sua gloriosa rappresentazione in parole rimate e immagini bislacche data dal duo Caporaso-Olivotti. Confesso: la mia devozione ha radici antiche e risiede in una versione del barone illustrata da Adelchi Galloni che ha segnato profondi solchi inchiostrati nel mio cuore di bambina. Forse anche per questo l’inchiostro di Olivotti (che esca dalla biro, dal pennino o dalla penna digitale, perché in questo libro le troverete tutte e tre) mi è sembrato così familiare nel dare corpo al leggendario viaggiatore esistito per davvero, a cui si ispirò Rudolf Erich Raspe per il suo romanzo.

Condensarne le gesta non è cosa semplice per nessuno, forse ci vogliono eroi matti anche qui. Ecco dunque che, quello che a un primo sguardo vi sembrerà uno dei più indefinibili libri illustrati degli ultimi tempi, improvvisamente si rivela come un incontestabile esempio di coerenza: un libro matto, fatto dai matti (avete visto i libri già realizzati dalla coppia Caporaso e Olivotti, no?) che parla dell’eroe più matto di tutti. 

Che il barone sia noto anche per essere uno dei più grandi contaballe della storia (tanto che porta il suo nome persino una sindrome) è un dettaglio. Non si ammettono giudizi in terra di Fantasia (segnatelo fra i buoni propositi dell’anno nuovo) e, prima di giudicare, perlomeno fate due viaggi sulla luna come lui. 

Anche se non siamo difronte a un epico poema in rima d’altri tempi, Gianluca Caporaso riesce nell’epica impresa di rendere giustizia agli itinerari impossibili del suo protagonista e fa quel che va fatto: trasforma ogni giropagina in un’avventura. Sergio Olivotti lo segue a ruota (dopo un primo momento di diffidenza perché, all’inizio, dichiara che del barone, belìn, mica era proprio immediato fidarsi…) e gestisce la complessa varietà di scenari con la leggerezza poetica e buffa che lo contraddistingue. La fauna di omarini dal naso puntuto e animali sconcertati di Olivotti è un microcosmo denso di vita che si svolge parallelamente rispetto a quella di qualsiasi altro stile illustrato di oggi. Più spigoloso dei morbidi scenari di Mordillo, ma altrettanto condito con un suo romanticismo sommerso, meno irriverente delle panoramiche di Jacovitti ma comunque denso di sano umorismo, il segno di Olivotti accompagna il barone alla conquista della libertà più totale. Caporaso apre la via come il pifferaio, lasciando alle parole la capriola d’inizio; i disegni ci disorientano con composizioni irregolari (ma sempre studiatissime), inserti fotografici, texture timbrate, pennelli e graffi. 

Mi ricordo che effetto mi hanno fatto, questi libri fatti così, quando ero bambina: neanche me ne accorgevo e mi stavano insegnando che rompere gli schemi a volte è lo schema, mi stavano riempiendo gli occhi e i pensieri di immagini che non avrei scordato mai più anche se, accanto ad altre letture più lineari, forse mi stavano chiedendo anche un piccolo sforzo ulteriore. Mi ricordo che effetto mi hanno fatto, questi libri fatti così, da grande: la diffusa sensazione di profonda gratitudine per essere esistiti ed essersi trovati, come isolati eroi matti, tra i miei scaffali, che, pur senza eserciti al loro fianco, non solo sono riusciti a salvarmi ma persino a portarmi (due volte) sulla luna.

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