Artisti in quarantena #3

IRENE PENAZZI

Che impatto ha avuto su di te la quarantena dal punto di vista psicologico?

Sensazioni contrastanti: ho percepito a volte una solitudine più forte di quella che provo normalmente lavorando alla mia scrivania, altre volte invece troppa “vita” sociale per via di telefonate e messaggi e incontri sul web e connessioni varie. Ma anche una sensazione di distensione e dilatazione del tempo. In generale, non è stato un impatto negativo.

Come hai reagito ai mesi di immobilità forzata?

Facendo finalmente tutte quelle cose che continuavo a rimandare, a partire dalle pulizie domestiche.

È cambiato qualcosa dal punto di vista lavorativo? Hai lavorato di più? Di meno?

Di più, praticamente senza sosta, alla scrivania.

Cosa vedi per il futuro?

Tanti nuovi progetti, ma ora sono concentrata sul presente e sulla nuova esperienza che sto vivendo: una residenza d’artista nel sud della Francia.


GABRIELE PINO

Che impatto ha avuto su di te la quarantena dal punto di vista psicologico?

Ero in Cina quando è iniziata l’epidemia di Covid. Il primo impatto di sgomento e preoccupazione l’ho avuto lì, riassumerei tutto con la parola surreale.

È stata una vera avventura riuscire a ritornare a casa a febbraio 2020, poiché l’Italia aveva già bloccato tutti i voli in entrata dalla Cina, ho viaggiato molto negli ultimi anni ma fra tutte le avventure questa è stata quella più incredibile! Forse un giorno la metterò per iscritto, o la disegnerò…

Tornato a casa ho fatto una quarantena volontaria, non era ancora obbligatorio in Italia, finita la mia quarantena ho assaporato qualche giorno di libertà e poi l’Italia è entrata in lockdown nazionale.

Qualche giorno dopo l’inizio del lockdown vengo contattato per iniziare un lavoro in Rai, a Torino, in diretta tutti i giorni. Provo di nuovo sgomento, con una nota di entusiasmo questa volta, anche in questo caso riassumerei tutto con la parola surreale.

Quindi ho vissuto tutto al contrario, fortunatamente forse, perché quando tutti erano fuori io ero in quarantena volontaria nella mia mansarda e quando tutti erano dentro io ho avuto l’opportunità di muovermi per andare a lavoro e vedere le strade vuote e il silenzio che abitava Torino ma anche la nuova esperienza, il trovarsi a lavorare durante una pandemia, nonostante tutto sto bene per ora e i miei cari stanno bene, questo è ciò che conta per me ora. Mi sento fortunato per l’occasione che ho di poter lavorare in questo periodo.

Non credo di riuscire ancora a dare forma a ciò che ho vissuto nei primi mesi di lockdown, qualche up e down emotivo e molti down creativi perché ero abituato a viaggiare molto, ma forse non è ancora questo il momento giusto per rifletterci, non so quale impatto tutto ciò avrà in me, so solo che quando la vita mi chiede di ballare, nel bene e nel male cerco di non rifiutare l’invito.

Come hai reagito ai mesi di immobilità forzata?

Non si può reagire bene all’immobilità e alla lontananza dagli affetti, ciò che soffro di più è il sacrificio di non poter vedere spesso gli amici ma ringrazio di abitare in campagna, poter passeggiare in giardino e vedere che la natura mi da speranza, o perlomeno mi da energia per continuare a “ballare”.

È cambiato qualcosa dal punto di vista lavorativo? Hai lavorato di più? Di meno?

Come raccontavo prima ho avuto nuove belle occasioni di lavoro, come l’esperienza di disegno in tivù che continua ancora. Altri lavori ho potuto portarli a termine ma purtroppo non ho più potuto fare progetti di viaggio disegnati o mercati dell’artigianato/design, fiere e festival e questa è la parte più divertente del mio lavoro perché non solo è fonte di guadagno ma soprattutto di scambio umano. Senza troppi giri di parole, mi manca! Ma mi sento comunque fortunato nonostante il periodo di difficoltà generale.

Cosa vedi per il futuro?

Vedo incertezza e sono consapevole che nell’incertezza fare programmi a lungo termine per come sono fatto è controproducente, devo dirmi di non guardare troppo in là, sennò poi mi perdo nelle mie proiezioni future e ne patisco.

Cerco di procedere un passo alla volta e di essere pronto a cambiare, a reinventarmi se ci sarà necessità.

Credo che ogni emergenza, dalla più quotidiana a quella più globale porti con sé dei sacrifici e dei cambiamenti, è prerogativa delle emergenze quindi continuo a ballare con la vita, cercando di non essere troppo severo con me stesso se ogni tanto si deve cambiare ritmo ma sicuro del fatto che un rifugio pieno di possibilità ce lo avrò sempre ed è il disegno e che all’occorrenza può cambiare e segnarmi una strada da percorrere.


ANNA PIROLLI

Che impatto ha avuto su di te la quarantena dal punto di vista psicologico?

Rispetto ad amici e conoscenti non è stato così drammatico ma mi ha ricordato una volta di più che tutto passa, anche le cose che sembrano più stabili. Invece di incupirmi mi ha dato una grande spinta nel perseguire ciò che per me ha valore.

Come hai reagito ai mesi di immobilità forzata?

Sono una persona che sta bene da sola e per lavoro passo molto tempo in casa, quindi la mia vita non è stata stravolta nelle abitudini come per molti altri. 

Detto questo non è stato tutto facile, soprattutto durante il primo lockdown quando le restrizioni erano forti e inaspettate: sapere di non poter uscire neanche per fare una passeggiata alla lunga mi ha fatto sentire prigioniera. 

Mi ha aiutato dedicarmi al mio lavoro, che amo molto e avere un compagno con cui vado d’accordo, che ha reso tutto più accettabile e leggero.

È cambiato qualcosa dal punto di vista lavorativo? Hai lavorato di più? Di meno?

Nei primi mesi di lockdown sono andata a rilento, mi sentivo sospesa in attesa di non so cosa. Questo però non ha influito sulle offerte di lavoro che sono andate come al solito, con alti e bassi ma non dovuti al periodo storico. In realtà quello che è cambiato è il mio atteggiamento: sono più focalizzata su ciò che voglio raggiungere perché non c’è tempo da perdere.

Cosa vedi per il futuro?

Non penso quasi mai al futuro. Adesso, cerco di ascoltare il mio “intuito” il più possibile lasciando che le cose scorrano come devono. Per me è l’unica cosa sensata.


MIGUEL TANCO

Che impatto ha avuto su di te la quarantena dal punto di vista psicologico?

Penso che abbia avuto un grande impatto, immagino anche per tutti. Ma quell’impatto personale va contestualizzato , troppe famiglie hanno sofferto per la perdita di persone care senza avere nessuno al loro fianco, perdite economiche che sicuramente non si possono recuperare, gravi conseguenze per la salute di amici ricoverati. Se guardo il mio ombelico vedo un grande cambiamento, ma se guardo la sofferenza intorno diventa minuscola. Il cambiamento è avvenuto a poco a poco, giorno dopo giorno e penso che sia per questo che non abbiamo notato il profondo cambiamento psicologico. Credo che il contatto umano sia vitale, la socialità. C’è stato un grande paradosso di non vivere per non morire, ma l’essere umano va oltre, ha la capacità di progettare un futuro ed è quello che abbiamo fatto collettivamente.

Come hai reagito ai mesi di immobilità forzata?

Il lavoro dell’illustratore è solitario, quindi l’immobilità non è stata un problema, il problema è stato quello dei rapporti umani, non vedere la famiglia, non abbracciare, non  andare a trovare amici e colleghi. Vivere troppo dentro di te è psicologicamente devastante.

È cambiato qualcosa dal punto di vista lavorativo? Hai lavorato di più? Di meno?

Non è cambiato molto in termini di ritmo di lavoro. Ho lavorato allo stesso modo sui miei progetti e sicuramente a un ritmo più alto del normale. La vendite sono crollate in alcuni paesi e con la mancanza di rapporti umani e di lavoro, sono stati creati meno rapporti di lavoro futuri, ma spero di risolvere questo problema nel prossimo anno con fiere ed eventi.

Cosa vedi per il futuro?

Se parliamo del mio futuro professionale nel breve-medio termine, vedo che voglio continuare a fare questo lavoro per molto tempo. Da un significato profondo alla mia vita.

http://migueltanco.com/wordpress/


ILARIA URBINATI

Che impatto ha avuto su di te la quarantena dal punto di vista psicologico?

All’inizio è stato più difficile, ero molto preoccupata e non in-tune con lo spirito del tempo, l’adrenalina della “novità” e tutti gli “andrà tutto bene” e le “pizze”, l’entusiasmo per lo smart working che vedevo in giro e percepivo dai social lo trovavo estraneo (forse perché io sono in smart working da sempre). Ho avuto subito la sensazione che la situazione fosse più grave e più globale e spesso mi sono sentita un po’ una “cassandra”. Nei mesi ho sviluppato una sorta di “resistenza” cercando di stare nella mia routine e di non farmi prendere troppo da momenti depressivi anche se ogni tanto la sensazione di vuoto e smarrimento torna. 

Come hai reagito ai mesi di immobilità forzata?

Ho cercato di impostare una buona routine di lavoro/vita con la consapevolezza che era una maratona e non uno scatto. Ho cercato di ritagliarmi qualche piccolo spazio settimanale per curare me stessa. In generale il tempo libero è stato dedicato molto alle passeggiate e alle biciclettate nella natura. Vivo in centro e questa immobilità in una città grande si sente di più, così come il senso di pericolo. ho sviluppato una piccola passione per l’analisi dei dati che guardo quotidianamente, so che sembra un controsenso, ma sapere come vanno le cose giorno per giorno mi calma. 

È cambiato qualcosa dal punto di vista lavorativo? Hai lavorato di più? Di meno?

All’inizio della pandemia a marzo/aprile 2020 ho avuto una lieve flessione. Da Luglio/agosto 2020 ad oggi ho lavorato di più. 

Cosa vedi per il futuro?

Spero di aver “la mia vita indietro” ma sono consapevole che potrebbe passare molto tempo. Credo che si viaggerà di meno e meno lontano, che ci saranno meno eventi e organizzati in maniera diversa. Il lavoro online sarà implementato (forse?). 

INFINE ho risposto anch’io alle mie domande.

Che impatto ha avuto su di te la quarantena dal punto di vista psicologico?

Ho odiato da subito quelli che cantavano sul terrazzo. Poi anche tutti gli altri.

Come hai reagito ai mesi di immobilità forzata?

Dopo più di dieci anni trascorsi perlopiù in viaggio mi sono ritrovato improvvisamente con del tempo in più. 

Ne ho approfittato per finire un romanzo che avevo lì da un po’ e portare avanti lavoro arretrato. Ho trascorso il primo lockdown scrivendo racconti horror per un magazine francese che li sta pubblicando adesso. Per un mese mi sono sentito un po’ Stephen King. È stato divertente.

È cambiato qualcosa dal punto di vista lavorativo? Hai lavorato di più? Di meno?

In generale penso di aver lavorato di più, un po’ perché non c’era altro da fare, un po’ per recuperare le perdite date dall’annullamento dei saloni francesi (e non solo, ne avevo uno anche in Canada) e dei workshop. Dall’estate è ripartito tutto, sia i libri che i corsi (anche se solo online), quindi in definitiva, a parte non poter andare da nessuna parte, è stato un anno produttivo.

Cosa vedi per il futuro?

Il futuro? Lo vedo una via di mezzo tra V for Vendetta e Fury road. Ma non vorrei essere troppo ottimista. Per quel che riguarda l’Italia sarà più probabilmente una via di mezzo tra Le mani sulla città di Rosi e un film di Franco e Ciccio con molte pernacchie. Difficilmente prenderemo un Oscar.

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