
STORIE CHE VALE LA PENA SCRIVERE
Da un po’ di tempo ricevo spesso testi per albi illustrati appena abbozzati, 10 righe, accompagnati da una domanda: è interessante? Vale la pena se lo scrivo?
Per rispondere a questa domanda ricorrente ho pensato di scrivere un articoletto.
Ma adesso, come prima cosa, apro una parentesi.
FARE IL PITCH DI UN ROMANZO
Leggere un romanzo, e capire se è pubblicabile, è un lavoro impegnativo.
Per questo, in agenzia spesso gli editori ci chiedono un pitch.
Il pitch potremmo definirlo un riassunto articolato e progressivo.
Avete presente quando andate in libreria? Che cosa vi attira di un libro? Innanzi tutto, la copertina e il titolo. Vi avvicinate, prendete il libro in mano, lo girate, leggete la quarta di copertina. Sembra interessante. Allora lo aprite, leggete la bandella. Sembra davvero interessante. Se ci sono le condizioni, vi sedete e cominciate a leggere la prima pagina del primo capitolo.
Ecco, così come il libro vi cattura piano piano, così fa il pitch. C’è un titolo, tre righe per dirvi di che cosa parla. Quelle di solito bastano già per fare una scrematura del lettore.
Esempio:
Un avvincente thriller nel mondo degli apicultori vi condurrà attraverso una serie vorticosa di disavventure ambientate nella Bretagna del primo 1900.
La mia prima reazione è quella di rifiuto.
Non mi piacciono i thriller.
E poi, in Bretagna fanno il miele? Davvero? Mai saputo.
Poi però, il modo in cui è scritto il tutto mi fa pensare che forse il tono è volutamente comico. Vado avanti.
Ecco, quelle poche righe, sono quelle che determinano se il lettore andrà avanti oppure no. Ora ci serve un riassunto un pochino più dettagliato, ma non lungo, mezza paginetta può bastare.
Il nostro interlocutore deve sprofondare nel pitch come nelle sabbie mobili, poco a poco.
Non dobbiamo mettergli davanti un muro di testo, ma sempre piccoli bocconi, per attirare progressivamente la sua attenzione. Se è arrivato fino alla fine del soggetto breve, forse è pronto per leggere il soggetto dettagliato. Sì, perché a questo punto si starà dicendo: va bene, l’idea è carina, ma lo regge un romanzo intero?
E noi gli facciamo vedere che sì, lo regge.
Una volta superato il soggetto dettagliato non rimane che scrivere un capitolo, per far capire il tono, lo stile, la lingua in cui sarà scritto il libro.
Certe volte l’editore compra dopo aver letto tutto, certe volte molto prima, un po’ come capita a voi quando andate in libreria: certi libri li soppesate, li tenete in mano per un po’, li riponete sullo scaffale, li riprendete di nuovo perché ci avete ripensato. Certi altri, li prendete al volo, neanche ci fosse scritto sopra il vostro nome, colti dall’inspiegabile urgenza di averlo.
Ecco, tutto questo pippone sul pitch vi sarà molto utile se scriverete romanzi o serie di di narrativa.
Ma se scrivete albi illustrati, non vi serve a niente.
Chiusa parentesi.
NON PITCHATEMI
Lo so, Marianna Balducci, se sta leggendo questo articolo (ma ormai lo starà leggendo perché qualcuna di voi spie le avrà detto di leggerlo), starà ridendo e preparando uno dei fantomatici cartelli con cui mi molesta durante i webinar che facciamo insieme.
Anzi, se non ricordo male, il cartello NON PITCHATEMI esiste già.
Il motivo è che sto diventando anziano e comincio a ripetermi. E perché voi siete giovani scapestrati e come ogni giovane scapestrato che si rispetti, fate finta di non sentire i saggi consigli del maestro.
Sì, perché ve l’ho detto mille volte: un conto è un romanzo, ma un albo illustrato?
Che senso ha fare il pitch di un illustrato? Nel tempo che impiegate a scriverlo, potete scrivere direttamente il libro.
Nel tempo che impiegate a mandarmi lo spiegone di quello che vorreste raccontare, avreste potuto scrivere la storia che volevate raccontare. Certe volte però, non mi fate nemmeno il riassunto.
Vorrei scrivere un libro sulle api.
Ho in mente la storia di un draghetto che si sveglia e non sputa fuoco.
Ho pensato a una storia ispirata a una favola cinese.
Mi scrivete l’idea in una riga e poi concludete il messaggio con: che faccio? La scrivo?
Ma voi conoscete già la risposta.
Fate quel che volete.
Ma tenete conto di una cosa. Quando mandate una storia a qualcuno vi aspettate che quel qualcuno ci veda quello che ci vedete voi: una storia bella, necessaria, da pubblicare assolutamente. Quello che chiedete è fiducia nel vostro progetto, nella vostra visione.
Ma, se non siete proprio voi i primi a investire fiducia nel vostro progetto come potete pensare che ce la mettano gli altri?
Io penso che siate voi a dovermi convincere della validità del progetto e non il contrario. Voi qualche volta vi aspettate invece di buttar giù un’idea e che qualcuno la trovi geniale.
Non vi dico che sia sbagliato né che non capiti qualche volta, ma in ogni caso, anche quando capita, dovrete poi sviluppare la storia. Quindi, tanto vale, se pensate che la storia sia importante, e necessaria, scrivetela.
Se poi diventerà un libro, si vedrà.