Marketing Pills per illustratori – TU sei il brand
NON sono un illustratore, no. Piuttosto sono la nemesi degli illustratori, pensate che sono scarsissimo con Pictionary e faccio sistematicamente incavolare la mia squadra, anche se devo dire che questa peculiarità ovviamente diventa esilarante.
NON sono un illustratore, ma ne ho – quasi – sposata una. Prima di conoscere la mia compagna, conoscevo qualche illustratore e fumettista della mia città, ma non è mai stata una conoscenza approfondita del settore. Ignoravo il mondo, conoscendolo solo superficialmente e non mi ero mai addentrato nelle sfaccettature, nei sottogeneri, nei nomi importanti.
Negli ultimi anni, ho cominciato a conoscere il settore da passivo, ad averne un’opinione che ha ampiamente soddisfatto la mia sete di conoscenza di novità. Non fraintendete, so disegnare ancora esattamente come lo facevo alle elementari. No, sto dicendo una bugia… all’asilo.
Lavoro da quasi 20 anni come professionista del web, sembra passato così poco tempo, eppure questo mondo trovandosi ancora nel suo mezzo secolo di storia, cambia continuamente, forse come conseguenza della sua giovinezza. Anche io mi sono dovuto modificare alle esigenze e alle richieste del settore. Ho cominciato la mia carriera come webmaster, figura che oggi non esiste più nei vocabolari. I webmaster facevano tutto, anche i designer, poi staccatosi nei webdesigner. Tutto, programmazione, grafica del web, comunicazione, UX/UI, tutte cose che oggi hanno un nome e dei professionisti verticali (si, ci piace un sacco usare questa parola).
Ero esperto di multimedialità (l’ho presa dal cestino, ma faceva figo un po’ di tempo fa) e mi sono spostato sempre di più nel marketing tech e nell’analisi delle performance pre e post campagne.
Ho estremo rispetto per quello che non è tangibile e non mi abbandono ai numeri, li interpreto, ma non li impongo, però non mi piacciono gli estremismi, ne da una parte, ne dall’altra. Mi piace il bilanciamento delle necessità.
Questa era solo un’introduzione, ma era anche per giustificare come mai questo magazine ospita un non professionista del settore dell’illustrazione.
In questi anni ho cominciato ad analizzare passivamente gli illustratori, le loro performance non creative, reach (ops, dimenticavo che magari qualcuno si chiederà cosa significano alcune parole più tecniche: reach significa copertura, quindi quante persone riesci a raggiungere), e risultati in generale.
Forse non lo sai, ma TU sei un brand. TU sei un’azienda. Lo so, è triste, eppure TU sei il prodotto, o almeno, è nella tua testa. E, ahinoi, anche questo è triste, devi saperlo vendere.
Ho conosciuto alcuni illustratori che definendosi tali, non volevano abbassarsi alla mercificazione del proprio tratto. No, sei radical chic. Stiamo parlando di tutt’altro.
Ho saputo che gli illustratori, pur di pubblicare e avere il proprio nome stampato in una copertina, pagano gli editori per produrre la propria creatura, immagino che questo vale anche per gli autori. No, non sei un professionista (che io stia parlando dell’illustratore, autore o editore poco cambia, è pur sempre un’attività malevola nel professionismo, come il lavoro in nero e vendere fuori mercato le proprie prestazioni, tutto ciò rovina il settore) e no, non vale la giustificazione “da qualche parte devo pur cominciare”, poiché questo vale per tutti, e non è una bella attività. Fino ad allora, no, non puoi essere definito un professionista, quindi cosa cambia?
Dato che TU sei il brand, purtroppo dovrai comportarti come un’azienda. Beh, dovrai fare l’AD, il CFO, il CMO, il SMM e le pulizie di te stesso.
Potrai affidarti ad un’agenzia, si, ma ti perderai una numerosità di lezioni della tua professione e solo vivendole potrai scoprire a fondo tutta la filiera di ciò che VENDI. Non bruciare le tappe! Solo così potrai scoprire cos’è un editore, ed è forse bene che dovrai scoprire anche cos’è una libreria. Sembra banale? No, non lo è. Ho la certezza che molti di voi reputano incredibile entrare in una libreria e scoprire i propri colleghi, analizzarli, assimilando da loro come una spugna. Se pensi che sia inutile, si, sei Radical Chic. E no, non è un complimento in questo caso. Loro sono i tuoi amici, ma anche i tuoi competitor, e proprio come si fa coi competitor, li si analizza, si comprende cosa fanno di buono per arrivare ad essere apprezzati. E se non si sovrappone a te, è anche meglio! Non copiare il tratto, non copiare i colori, studia il suo approccio all’immagine, all’ingombro, alla genialità nell’utilizzo di un risguardo originale, alla lettura dell’immagine, tecniche di neuromarketing applicata all’immagine. Sono sicuro che molti hanno tutte queste caratteristiche nel sangue, innate, fisiologiche, naturali. Eppure studiare un po’ di approccio all’immagine può far bene, magari rafforzando alcune ovvietà.
Ma noi non stiamo parlando degli altri, stiamo parlando di TE: del TUO brand. Scrivi sempre bene una mail ad un editore, presentati, cerca di capire se usare un modo formale o informale, plasmalo in base all’editore. Non imporre te stesso, imponi solo il tuo stile, ma non preoccuparti di questo, perché se ti cercheranno l’80% del tuo lavoro è già fatto. Rileggi una mail più volte prima di inviarla, i refusi non sono un bel biglietto da visita e non vale la regola “ma tanto sbagliano tutti”.
Scegli il TUO logo, del tuo brand, qualcosa che ti racconta, quello che userai sul tuo sito web, il tuo blog, i tuoi social. E ricorda di prevedere una versione rettangolare e una quadrata. E in PNG bucata! Provala su sfondo nero, su sfondo bianco. Prevedi di plasmarlo all’occorrenza ma non di cambiarlo! Ah, non cambiarlo spesso! Sei TU. Cambialo solo se cambi tu. Solo se hai mandato in liquidazione la vecchia azienda per rifondarla, ma ricorda che non potrai più vendere i tuoi vecchi prodotti, quindi sii cauto/a quando ti reinventi.
Dal momento che TU sei il brand, dovrai anche VENDERE. Per vendere bisogna prima di tutto COMUNICARE. Ma questo lo vedremo la prossima volta.