Le infinite possibilità di una storia illustrata
“Una volta, in un tempo che potrebbe essere non molto distante da te, un bambino di nome Tanino decide di affacciarsi alla finestra. Tanino non ha nessuna qualità eccezionale, ma, a differenza di tanti suoi coetanei, ama guardare e sa farlo. Ed è proprio per questo che, mentre sta osservando quel che accade sotto il suo naso, decide di girare lo sguardo e fa una mirabile scoperta: la pianta rampicante che circonda la sua finestra ha qualcosa di strano che le altre piante sicuramente non hanno. Quel che Tanino ancora non sa è che quel qualcosa è magia, e quella magia lo metterà nei guai.”
Questo potrebbe essere l’inizio di una storia, ognuno potrebbe continuarla come meglio crede; io vi racconto qual è stato il mio punto di partenza.
Mi sono imbattuta nella foto che vedete in copertina a una mostra sul lavoro di Federico Patellani, uno dei primi fotoreporter italiani, a Palazzo Madama di Torino.
La forza di questa foto, l’espressività di quei quattro bambini affacciati a quella minuscola finestra, subito smuovono i fili di una storia. In un primo momento colpisce la storia “vera”, quella delle baracche nella periferia di Milano alla fine della seconda guerra mondiale; poi il fuoco si sposta sui volti di quei quattro bambini, sull’ambientazione, su quella pianta che fa da cornice agli sguardi, e ti rendi conto di come tutto questo possa andare a confluire in una catena di storie tra realtà e fantasia, fino a entrare a far parte di un racconto scritto e illustrato.
Qualsiasi scrittore, nel parlare di come si inventa una storia, direbbe che il suo punto di partenza è quel che già conosce, la realtà che lo circonda; ogni studente d’arte deve vivere sulla propria pelle la fatica del “disegno dal vero”, prima di imparare a catturare ciò che vede e riuscire a domarlo e deformarlo in ciò che immagina.
Noi abbiamo a disposizione quattro visi e una scheggia di storia: le possibilità sono, se non infinite, quasi.
I bambini prendono vita, saltano giù dalla finestra e iniziano a correre. Davanti a loro il panorama scarno delle baracche, giochi di strada in una città che deve ricostruirsi; ma potrebbe bastare una porticina nascosta, o la curva di una via per trasformare quel mondo.
Ora siamo in una foresta scura e così fitta da non far vedere nemmeno il cielo. Non vi è traccia di tronchi, rami, arbusti, erba o cespugli, solo palazzi infiniti e… ancora grattacieli monumentali fatti di pietra: l’inizio di una storia scritta e illustrata in bianco e nero.
O forse, la nostra storia inizierà da tutt’altra parte; eleggeremo a protagonista solo uno di quei bambini e decideremo che il mondo in cui sarà immerso sarà esattamente come il nostro, ma pieno di stranezze.
La cosa più importante, allora, sono le domande che faranno nascere la storia: chi è Tanino? Il bambino furbetto, biondino e scompigliato? O quello in basso, più riflessivo e appoggiato al lato della finestra? E gli altri che lo accompagnano sono i fratelli, gli amici…orfani? Compagni di gioco dispettosi, o i migliori alleati per le avventure che si troverà ad affrontare? Oppure Tanino è da solo e troverà come unica alleata una pianta magica?
Quello che dobbiamo sempre ricordarci è che a ogni domanda che noi ci poniamo nel raccontare una storia, ne corrispondono 10, 100, 1000… dei bambini che la leggeranno, e questa è una responsabilità importante.
Non importa se quello che intravediamo in un’immagine, che sia una foto, una situazione reale, un film o uno spettacolo a teatro, si tramuterà davvero in una buona idea o in una buona storia.
Quel che davvero conta sono i percorsi che ogni esperienza traccia nei meandri della nostra fantasia: è il modo in cui il nostro segno su carta farà combaciare tutto.
Così, allargando il campo del nostro sguardo, le domande e la curiosità creeranno nuove ambientazioni, personaggi “veri” e intrecci inusuali.