La regola Isaac Asimov
QUANDO AVEVO 15 anni ero un grande fan di Isaac Asimov.
Soprattutto dei racconti di robot, meno dei romanzi.
Mi piacevano anche i racconti dei Vedovi neri, e alcuni racconti di divulgazione scientifica davvero interessanti (che anzi, mi piacerebbe ritrovare perché non li ho più).
Una cosa che amavo molto era la parte in cui raccontava, per ogni storia, quando gli era venuta in mente o dove l’aveva scritta, aggiungendo piccoli dettagli di vita dello scrittore, qualcosa che hanno poi ripreso tanti altri autori, da Stephen King a Mike Mignola.
Una cosa che mi appassionava moltissimo era il racconto dei suoi esordi. Asimov aveva cominciato a pubblicare racconti a 15 anni.
Ai suoi tempi, collaborare con una rivista funzionava all’incirca così: scrivevi un racconto, infilavi il dattiloscritto in una busta e poi lo spedivi per posta.
La maggior parte delle volte il manoscritto gli tornava indietro dopo qualche settimana. Ma altre, la busta dell’editore recava invece una lettera di gradimento ad accompagnare un assegno, per il racconto che sarebbe stato, o spesso era già stato, pubblicato.
Io nel mio piccolo, vivevo un po’ la stessa vita.
Passavo le giornate disegnando, riempivo buste formato protocollo di personaggi e bozzetti di storie a fumetti che poi spedivo agli editori.
I tempi di risposta erano molto lunghi.
Ricordo che perlopiù ricevevo le risposte a distanza di un anno. Ma quando sei un ragazzino i tempi sono molto dilatati, e quelle risposte, anche se così tardive furono sempre, per me, di grandissimo incoraggiamento.
Così, se il giovane Asimov di cui leggevo i racconti, esultava per aver ricevuto un assegno, io esultavo quando ricevevo anche solo una lettera di cortese risposta.
Per me valeva moltissimo. Era la prova che qualcuno aveva guardato quello facevo.
SEBBENE sia sano, crescendo, buttare via le proprie cose (io ho buttato via
tonnellate di roba), da un certo punto in poi ho smesso di buttare, adottando quella che chiamo la Regola Isaac Asimov.
Asimov non buttava mai nulla e riutilizzò tantissimo di quello che aveva scritto ed era stato scartato, ma anche molto di ciò che era stato già pubblicato. Ogni volta che un suo racconto veniva rifiutato, innanzi tutto, lo rimandava a qualcun altro (cosa che ho imparato a fare molto presto) ma soprattutto lo adattava, a seconda dell’esigenza.
Se una rivista lo voleva più corto, lo faceva più corto, lo voleva più
lungo? Lo faceva più lungo. Volevano cambiare il finale? Cambiava il finale.
Non era un’accettazione incondizionata delle richieste dell’editore di turno, ma l’espressione di un’autentica ed entusiastica voglia di esserci, di pubblicare, di poter vivere delle proprie fantasie. E poi riciclava.
Nel tempo recuperò i diritti di tanti racconti, o semplicemente li riscrisse daccapo per nuove pubblicazioni perché aveva perso gli originali e anche
le riviste dove erano usciti. Certi che non avevano funzionato vent’anni prima magari, uscivano improvvisamente dal cassetto, trovando la pubblicazione che gli era stata negata due decenni prima.
Così ho fatto spesso, in questi anni. Perlopiù ho perso l’affezione per le mie storie.
Quando scrivo qualcosa di nuovo sì, gli sono affezionato, ho voglia di vederlo pubblicato e comincio a mandarlo in giro. Ma se dopo un po’ non ricevo una risposta positiva, non mi intestardiscono a insistere. Metto da parte e aspetto un momento più favorevole. E per quanto certe volte sembri impossibile, il momento favorevole arriva.
Il tempo passa e tutto cambia a una rapidità tale che tante cose che non andavano prima, proprio come capitava ad Asimov, diventano improvvisamente richieste.
NEI MESI DI CONFINAMENTO dello scorso inverno Asimov è stato un po’ il mio nube tutelare. Con l’annullamento di saloni, festival e incontri con le scuole sono rimasto bloccato, come tutti.
Vari miei libri hanno subito un rinvio al 2021 e 2022 (e persino 2023). Quindi cosa fare? Mi sono messo a scrivere racconti.
Un sacco di magazine francesi me ne chiedono, ma facendo sempre mille cose e facendo vita nomade non trovo il tempo, se non per quelli con cui collaboro già da anni. E invece, l’emergenza sanitaria ha trovato per me il tempo che mi mancava per dedicarmi ai racconti horror. Ne ho scritto una ventina per la stessa rivista.
Ogni conferma di gradimento da parte della redazione, mi ha fatto sentire un po’ come il me quindicenne che sperava di ricevere un giorno un assegno per posta a compenso di un suo racconto. Io riceverò dei bonifici e succederà un più avanti, ma per qualche istante mi sarò sentito un po’ Isaac Asimov anch’io.