Intervista a Barbara Gozzi – senior editor di BoT
Si dice sempre che i veri artefici del successo dei grandi romanzi non siano gli scrittori, quelli che ci mettono la faccia e soprattutto il nome, ma gli editor, silenziosi alchimisti che sanno trarre il meglio dalle trame e delle idee anche più abbozzate. E allora, perché non andare a conoscerne una da vicino?
Da tempo ho voglia di fare due chiacchiere con Barbara Gozzi, senjor editor- e molto, molto di più – dell’agenzia Book on a Tree, per capire, e forse anche carpire i suoi segreti. Cercherò di farmi raccontare qualche cosa che mi incuriosisce parecchio, per esempio: che scuola si fa per diventare editor? E tu, che studi hai fatto, a parte ragioneria?
Barbara: Oggi rispondere a questa domanda è per certi versi più semplice: ci sono percorsi universitari e master specifici legati al mercato editoriale che indirizzano anche al mestiere dell’editor. In passato in effetti il ‘come’ era meno chiaro. Ma secondo me tu vuoi sapere cosa ho studiato io, vero?
Mi hai beccato!
Barbara : Ho fatto la ‘vecchia’ ragioneria alle superiori poi ho seguito un percorso interdisciplinare di tipo umanistico all’Università a Bologna (mentre già lavorato da impiegata a tempo pieno), infine il Master in tecnologie digitali e net Economy al Carid, dell’Univ.di Ferrara (più che altro per sviluppare abilità di comunicazione, un’altra sfera che mi ha sempre interessato, specie se abbinata allo storytelling). La “vera” formazione da editor, comunque, l’ho fatta sul campo. Da junior seguendo i primi progetti in affiancamento poi via via procedendo e misurandomi, imparando dagli errori, scoprendo dallo studio di altri, dalle letture e i confronti. Tra l’altro secondo me diventare editor non è una cosa che basta ‘sentirsi’… si può avere l’idea di volerlo fare ma consiglio sempre di ‘misurarcisi’ prima di dire “sì scelgo questo” perché è un mestiere molto più articolato, complesso e (negli ultimi anni) in mutamento continuo di quanto si possa probabilmente pensare.
L’altra mia grande curiosità è cosa vede un editor quando legge una storia?
Barbara : E’ una gran bella domanda. A me capita a volte di ‘vedere’ frammenti di scene, di sentire odori o cogliere colori e così via. Di solito arriva il momento in cui ‘sento’ cose come equilibri, aspetti che mi convincono meno della scrittura o della struttura, tratteggi di personaggi o logiche specifiche dell’autore e della sua voce narrante… la si potrebbe chiamare deformazione professionale in effetti perché mi capita anche se leggo senza che ci sia una necessità di lavoro. In realtà penso che, una volta acquisiti certi strumenti, poi l’editor se li porti sempre con sé, a volte riesce a ‘spegnere’ alcuni interruttori, altre volte meno. La parte più bella della lettura, però, almeno per me resta il grande potenziale che porta perché qualunque lettura può lasciare ‘qualcosa’, un elemento, una tecnica, un approccio che prima o poi può tornare utile da editor (spesso nel momento più impensato).
Hai mai la tentazione di “perfezionare” le sceneggiature che ti vedi intorno… che so, una conversazione che ascolti e non ti torna, o un fatto di cronaca che potrebbe essere più interessante? A me capita di ascoltare tre/quattro conversazioni e avere la tentazione di sistemarle ogni volta!
Barbara : Be’, ammetto che sì, a volte mi capita. Con le notizie ad esempio è un mezzo dramma (ma qui si apre un tema ampio, quello dell’evoluzione del giornalismo e dell’uso delle socialità per sparare ovunque news di ogni tipo e deriva, dello storytelling come forma di persuasione o approccio comunque ‘finalizzato’ Troppo ampio? Mi fermo, dai! Comunque l’unica volta che mio figlio quest’anno (è in terza media) mi ha chiesto di ascoltarlo leggere una tesina su Leopardi… è finita che l’ha riscritta!
Raccontaci qualcosa su come lavori: hai bisogno di silenzio, o ascolti musica per concentrarti?
Barbara : Lavoro in silenzio perché è l’unico modo per mantenere la concentrazione per me, soprattutto quando ho più progetti da alternare o situazioni da gestire. La mattina ho bisogno della mia moka da 6 persone, il caffè finisce in circa 3 tazzone assieme al latte che bevo nell’arco di un paio d’ore. Poi sono tisana dipendente.
Ho capito, è l’ora di lasciarti tornare in pace al tuo lavoro! Ma ci sarà un momento in cui interromperò di nuovo il tuo silenzio per chiacchierare sul tuo mestiere, sulle tecniche e le regole, sui meccanismi che ne fanno un’arma potente e sottile.
Ti aspetto l’ 8 Ottobre, insieme agli amici di AdUnTratto con il webinar a questo link