Cercando la bussola
Ho pensato a lungo se parlare di questo argomento oppure no. Non tratta strettamente dell’illustrazione ma anzi può essere declinato in qualunque situazione e professione.
L’aver seguito il corso di Domitilla Ferrari questa mattina mi ha incoraggiato a pubblicare questo articolo perché in alcuni punti della lezione parlava di aspetti che ritroverete qui (anche se lei è decisamente più capace di me nell’esposizione!).
Essere illustratori offre grandi, per non dire grandissime, soddisfazioni ma è una professione foriera di ansie e insicurezze.
Di contro esistono momenti di profonda rassicurazione emotiva e professionale come vedere i propri disegni pubblicati (quando non ci sono errori di stampa) o ancor di più vedere un bambino contento o ancora quando un lettore scrive dicendo quanto gli sia piaciuto il tuo ultimo libro.
Il feedback di chi compra (e usufruisce) del nostro lavoro è utilissimo ma quello dei nostri colleghi può essere un buon timone da seguire nei momenti di sconforto. Ad esempio, chi meglio di un collega o di chi ha più esperienza di noi, che ha già passato gli stessi momenti di amarezza e insicurezza può consigliarci su quale illustrazione eliminare dal portfolio?
Spesso ci immaginiamo l’illustratore come un artista dandy che lavora in uno Starbucks con l’ultimo paio di cuffie wireless. Il più delle volte siamo persone che fanno in meno di tre secondi dal letto alla scrivania perché si vive e si lavora in casa, o in camera da letto/studio/cucina.
Spesso in pigiama, con lo smalto delle unghie sfatto e i capelli arruffati.
Facebook e i social in generale diventano quindi come la macchinetta del caffè nelle aziende, momento di confronto e anche di pettegolezzo, di relazione.
Luoghi di scambio dove fare rete o meglio networking.
Se dal vivo le espressioni e i modi di dire sono un mezzo comunicativo fondamentale per esprimere ciò che si vuole dire senza incomprensioni, online, dietro la tastiera, le cose si complicano.
Spesso mi sono ritrovato ad essere travisato o incompreso, a volte rovinando dei rapporti.
In quei frangenti, ma in realtà in ogni momento della mia professione si è fatta quindi sempre più impellente la necessità di avere un’etica, un decalogo se vogliamo, ben delineato.
Ho capito che la tecnica, lo stile e la creatività sono solo una minuscola parte di questo lavoro e che senza delle regole morali tutto cadrebbe.
Ad esempio, riprendendo il mondo social, ho smesso di commentare se non in casi in cui so di essere un conoscitore dell’argomento, ho drasticamente diminuito la mia presenza online giovando anche alla mia salute (mentale e fisica).
È una consapevolezza che cresce nel tempo come è giusto che sia ma che è doveroso coltivare fin da subito cosa che a volte ci si scorda di fare.
I miei valori non sono sicuramente gli stessi di quando ho iniziato ma mi hanno tirato fuori d’impaccio in situazioni in cui il mio interlocutore non sembrava professionale o peggio disonesto.
Avere una condotta ci permette di indignarci per una proposta di lavoro gratis o ancora ammettere se un lavoro è nelle nostre corde o meno o se rispetta chi siamo o in cosa crediamo.
Ci permette di poter dire NO ad una commissione piuttosto che ad un’altra e non sentirsi dei falliti per questo.
Ho capito quanto la professionalità sta in ogni gesto che si compie, da un saluto nella email a delle scuse sincere quando si fa un errore.
Negli anni ho imparato quanto il tempo fosse un valore sottovalutato. Lottate per avere tempo, quello nessuno ve lo ridarà.
Ho imparato che si può lavorare gratis ma solo per beneficenza.
Ho imparato che bisogna considerare la qualità di ciò che si produce e non la quantità. Cento granelli non fanno un sasso.
Ho capito quanto sia gratificante consigliare colleghi più idonei in un lavoro e quanto sia giusto poter alzare la mano e dire di essere l’uomo giusto per quel che si sa.
È una cosa che ho fatto fin dagli inizi. Non mi importa di perdere una commissione in cui non riuscirei a dare il meglio ma ci tengo che ciò che mi circonda sia prodotto da persone capaci perchè tutti ne trarrebbero giovamento.
Criticare e giudicare non sono la stessa cosa. Siate costruttivi e non lapidari quando parlate del lavoro altrui perché è pur sempre il lavoro, l’impegno e il tempo spesi di qualche collega.
Circondatevi di persone che sono capaci, creative ma che più di ogni altra cosa vi siano amici. Un calice di vino con un amico vale più delle ore di insonnia per l’ansia.
Se l’amico è anche un editore non sia mai che vi porti anche ad un nuovo progetto!
Siate positivi ma abbiate il coraggio di contrariarvi. Se una cosa non vi piace provate a cambiarla, parlate, discutete, fate valere la vostra opinione.
Più di tutto però ho capito quanto sia importante non calpestare gli altri, copiarli senza pudore o lucrare su ciò che fanno. Non vorrei che lo facessero con me e quindi non lo faccio con gli altri.
Alla fine dei conti non so dirvi se sono le peggiori oppure no o se esistono regole migliori di altre ma credo che siano valide solo quelle che ci fanno stare bene con noi stessi.
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