Contenuto, contenuto, contenuto
Era il duemila.
Era marzo del duemila e a Bologna non si capiva se fosse caldo o freddo.
Qualche mese prima, a gennaio, era freddo. C’era la neve.
Io scendevo dal treno con la contentezza nel cuore e mi avviavo verso la fiera. Portavo i miei disegni e l’impazienza di entrare in quella meravigliosa bolla di felicità che era l’illustrazione e tutto ciò che gli girava intorno.
Questo mi sembrava.
Andavo dal grafico che si occupava del catalogo, l’Annual. Io, selezionato per la mostra degli illustratori e scelto per la copertina del non-fiction di quell’anno.
Si, continuavo a ripetermi, proprio io.
Così, qualche mese dopo, il mio scimmione campeggiava all’ingresso della fiera, alto tre metri e largo due. Avevano scelto, per la copertina, il disegno che avevo fatto di un macaco in primo piano, con gli occhi sgranati, un po’ per la meraviglia un po’ per chissà cosa.
Quindi, il ventinove di marzo, mi trovavo sulla moquette blu di quel rutilante universo che è la fiera del libro per ragazzi di Bologna, proprio davanti al mio scimmione e chiedevo a Etsuko Nakatsuji di autografarmi la copia dell’Annual fiction.
Lei, l’autrice dell’illustrazione in copertina. La collega.
Questo sentivo.
Quell’affascinante donna giapponese, così diversa da me, così intellettuale nelle sue illustrazioni e nei suoi allestimenti, era, ormai, una mia collega.
In fondo, però, sapevo che io, di illustrazione, non ne sapevo nulla.
Soprattutto, nel mio cercare di disegnare meglio che potessi, non c’era nulla di intellettuale e assai poco di illustrazione. Al contrario, sentivo che quel mio modo di dedicarmi al disegno era spoglio, vuoto, modesto.
Quello stesso giorno, così affollato di emozioni, di stimoli, e di illustratori al caffè degli illustratori, vidi un uomo di mezza età sedersi al tavolo delle conferenze e schiarirsi la voce. Seppi, poi, che si trattava di Michael Neugebauer. Affianco a lui sedeva un’illustratrice con le sue tavole, enormi…
Successe che il signor Neugebauer cominciò a raccontare di come si costruisce un albo illustrato, di come lo si illustra, di cosa è importante sapere e di tante altre cose. Tutto molto interessante ma, mio malgrado, mi colpirono solo due cose: una esplicitamente dichiarata e un’altra non detta.
Quella non detta, quella che mi colpì come un’illuminazione, come un satori definitivo, era il fatto che quel lavoro era opera di una interazione tra l’illustratrice e il suo editore.
Il mestiere di illustratore è un fatto di equipe.
Ricordo bene di aver abbassato il capo e di aver riflettuto a lungo su questo fatto, attorniato da tanta gente variopinta, tutta seduta, come me, su quei gradoni azzurri.
Quella detta è la conclusione di tutto il suo discorso. Dopo una lunga pausa riflessiva, il signor Neugebauer alzò lo sguardo verso di me e sentenziò:
“sono tre i fattori che rendono buone le illustrazioni di un albo illustrato: contenuto! Contenuto! Contenuto!”
Pensai di aver afferrato il cuore pulsante di tutta la faccenda, ma non era così.
Impiegai molto tempo e molto lavoro per capire, davvero, perché quel contenuto non fosse semplicemente un contenuto solo ripetuto tre volte per essere più incisivo.
Ed è di questi “contenuto” che vi parlerò, nella continuazione del mio racconto.
A presto.